La cima del monte

La rugiada mattutina giace, svogliata a svegliarsi e ad evaporare, sulle timide foglie e sui silenti fiori di un prato di montagna. Il sole sta sorgendo: quell’incredibile miscela di colori che, ogni mattino, soffia sul mondo, invade il prato e pervade ogni magia della natura che lì dimora. Le campanule, chiuse in una meditazione introspettiva, leste si risvegliano e aggiungono il loro violetto alla tavolozza cromatica. Come destati da un canto, gli altri fiori seguono le campanule e si aprono ai primi raggi del sole, non tanto caldi da dar sollievo, ma sufficientemente caparbi da far scivolar lentamente la notte nel suo riposo diurno.
I gufi, abbagliati dai raggi, si rifugiano nel bosco, roccaforte di tenebra nell’implacabile avanzata della luce: ogni giorno assediato, ogni giorno sconfitto al mattino e ogni giorno vittorioso alla sera, quando i fotoni battono in ritirata. I topolini corrono e gli uccellini donano alla magica vista un degno spartito musicale, fatto di cinguettii, trilli e altri gorgheggi.

In questo scenario, un uomo sulla cinquantina sale dal sentiero e costeggia il prato in questione. Alla melodia della natura si aggiunge il respiro, ritmico e non ancora affannato, di questo individuo, che a volerlo descrivere servirebbero cento racconti e tante più pagine. Capelli lunghi e bianchi, tenuti in una coda; barba dello stesso colore, due occhi verdi e un viso dai lineamenti decisi e ben proporzionati. Slanciato, spalle non troppo ampie, fisico atletico ma non troppo. A prima vista la si definirebbe una persona affascinante, se non fosse che tale giudizio è tanto soggettivo da essere molto più arbitrario che soggiacente nella realtà della persona. Si potrebbe ribattere dicendo che ognuno, a modo proprio, è affascinante: poi se gli altri abbiano capacità o intenzione di percepirlo, è affar loro.

Orsù, quello raccontato sopra è solo l’inizio di una camminata domenicale, eseguita in solitaria, che prosegue nell’ulteriore destarsi del sole e della natura, che vede il nostro uomo sfidare l’ascesa alla montagna e giungere in cima, dove un panorama mozzafiato si apre.
Molte riflessioni si potrebbero fare su questa ascesa, non dissimile da molte altre, ma nel suo modo unica e perciò irripetibile.

Una prima considerazioni, è che il monte conta e non conta. Conta, nel senso che ogni luogo, ogni pezzettino di mondo, regala un qualcosa che altri posti non possono regalare: ha una peculiarità tutta sua, un suo spirito, che si possono comprendere solo nell’esperirlo e nel farlo così proprio, dopo che la sua essenza ha attraversato i filtri dei nostri pregiudizi e del nostro proprio modo di sentire. Non conta, nel senso che il pezzettino di mondo in questione è sì singolarità, ma anche vassallo e portavoce di un qualcosa di più generico, di più universale. Il monte dietro casa può regalare più delizie dei posti più fotografati al mondo, se l’animo della persona che lo vede è pronto a coglierne l’essenza e a lasciar andare ciò che non è proprio, ciò che non viene dal proprio moto d’essere.

Una seconda considerazione, è che il monte stesso gioisce del bel sole, come si nutre della più scrosciante pioggia. Certo, per il nostro avventuriero ciò conta: mai si arrischierebbe su cime impervie, se le condizioni meteorologiche rendessero l’escursione stessa pericolosa. Allo stesso tempo, il gioire la soleggiata ascesa al monte dona non meno moti d’animo, del vedere il monte, o dell’esperirne i tratti sicuri, nei momenti in cui le lacrime del cielo di riversano su di lui. Un po’ lo stesso di quello che succede nel mondo interiore del nostro avventuriero: i momenti in cui la pace emotiva dona gioia e stabilità, non sono meno validi di quelli in cui le parti del sé smuovono il terreno per una maggiore stabilità, dove ognuna di elle siede più comoda e più rispettata nelle sue esigenze e nella sua peculiarità.

Una terza considerazione, forse più banale, o forse no, è che ciò che vi è di sacro (che ognun dia la propria interpretazione a tal parola) in ogni fenomeno dovrebbe trattarsi ed essere trattato in quanto tale.

Un pensiero riguardo “La cima del monte

Lascia un commento