Nell’articolo di ieri abbiamo visto un concetto che per Erich Fromm assume un’importanza centrale: quello di attività.
Oggi ci immergiamo nell’analisi di un altro concetto molto caro all’autore in questione: quello di alienazione. Tale termine non è sicuramente una novità introdotta da Fromm stesso: questo concetto era già presente in filosofi antecedenti a lui, nella fattispecie Karl Marx, alle cui teorie Fromm si riferisce spesso nei suoi scritti.
Cosa vuol dire alienazione? Se, secondo Fromm, una delle principali mete dello sviluppo umano è quella di ampliare e coltivare le proprie capacità di ragionamento logico, di amare e di esprimere se stessi (ne abbiamo parlato in questo articolo), il fenomeno dell’alienazione si configura come un atteggiamento improduttivo rispetto allo scopo appena menzionato.
Alienandosi, la persona diventa estranea a se stessa; non percepisce più se stessa come il centro del proprio mondo, come la forza creatrice dei propri stessi atti. Anzi, le azioni e le conseguenze legate ad esse sono diventate sue padrone, alle quali obbedisce e che assume come punto di riferimento alternativo all’espressione di sé.
Il fenomeno dell’alienazione può coinvolgere vari ambiti della nostra vita: il modo in cui produciamo, il modo in cui consumiamo, il modo in cui ci rapportiamo con noi stessi e le relazioni che coltiviamo.
Per quanto riguarda la produzione, molti oggetti o servizi vengono prodotti/elargiti senza una partecipazione attiva ed emozionale delle persone coinvolte. Rispetto alle pratiche artigianali (tutt’ora esistenti, ma molto più diffuse qualche secolo fa), in cui l’artigiano è un tutt’uno con la sua creazione e la plasma tramite le sue abilità affinate nel corso del tempo, la differenza è sostanziale. Mentre questo, da un lato, permette di raggiungere standard di produzione e di qualità senza precedenti, Fromm fa notare che possono esserci ripercussioni su come le capacità umane e la propria espressione vengono influenzate da questo modello produttivo.
Per quanto riguarda il consumo, siamo sommersi da stimoli pubblicitari e rispondiamo spesso ad essi senza vedere se sono allineati alle nostre reali necessità. Il fattore cruciale è che tali stimoli non nascono dal nostro interno, da reali esigenze della nostra personalità, ma piuttosto da una sovra-stimolazione sensoriale che, anche se soddisfatta mediante il consumo stesso, non appaga in quanto non ci nutre interiormente.
Per quanto riguarda il rapporto con noi stessi, il fenomeno dell’alienazione è particolarmente presente in una struttura di carattere sociale che vedremo più avanti, denominata “marketing orientation” in inglese. In altre parole, se adottiamo una prospettiva alienata nel modo in cui percepiamo noi stessi, la nostra visione di noi stessi non è basata sul vederci come agenti attivi, portatori di poteri umani, ma piuttosto di vederci come utilizzatori di tali poteri per raggiungere degli scopi socio-economici: il nostro senso di sé non si origina dalle nostre attività di individui amorevoli e pensanti, ma dal nostro ruolo nella realtà che ci circonda. Il nostro vero io, con i propri dubbi, debolezze e convinzioni, viene sostituito da una esperienza astratta ed alienata che ci permette però di adempiere il nostro ruolo nel sistema sociale; il fatto che la genuina esperienza di noi stessi scompaia ha anche implicazioni sul nostro senso di identità, che viene sostituito da un senso di identità secondario basato sull’approvazione, sul successo, sull’essere utile e sull’essere “abbastanza”.
Per quanto riguarda il rapporto con le altre persone, il fenomeno dell’alienazione spinge a trasformare le relazione umani in relazioni tra “automi viventi” che si usano reciprocamente. Secondo Fromm, nelle relazioni a lui contemporanee, era difficile osservare amore o odio: piuttosto, era tipico osservare atteggiamenti amichevoli e di correttezza superficiali che, dietro la facciata, presentavano indifferenza e distanza. Inutile evidenziare come tale atteggiamento sia diametralmente opposto a quello auspicato da un carattere produttivo, che si interessa alle altre persone come esseri in atto ma anche come esseri in potenza, che vuole conoscerle, rispettarle e che vuole dare il proprio contributo spontaneo per il loro sviluppo, sulla base del coltivato senso di amore fraterno.
Un’analisi molto più dettagliata del concetto di alienazione, secondo Erich Fromm, si trova nel capitolo 5 (Man in Capitalistic Society) del libro “The Sane Society”, di cui raccomando caldamente la lettura in quanto contiene vari spunti interessantissimi per la nostra vita quotidiana. La traduzione italiana del libro si intitola “Psicanalisi della società contemporanea”: purtroppo non è correntemente in stampa, ma online si possono trovare delle edizione usate in buono stato.
Nei prossimi articoli inizieremo ad analizzare le varie tipologie di caratteri sociali delineati da Erich Fromm. A presto!
