L’incontro diretto tramite il contatto con l’inconscio

Nell’ultimo articolo abbiamo discusso dell’importante ruolo dell’incontro diretto: un modo di vivere che incoraggia un incontro spontaneo, genuino e amorevole con sé e con gli alti.

Quali sono quelle pratiche e quelle vie che permetto di coltivare l’arte dell’incontro diretto? Rainer Funk, partendo dalla sua esperienza di collaboratore di Erich Fromm durante i suoi ultimi anni di vita, ha individuato una serie di pratiche messe in atto da Fromm stesso.

Un importante pilastro che sorregge un genuino incontro con se stessi è l’auto-analisi. Perché? La risposta è inevitabilmente correlata alla percezione di Erich Fromm sul ruolo dell’inconscio nella vita umana. Abbiamo già visto, in uno dei precedenti articoli, che secondo Fromm l’inconscio rappresenta la totalità dell’esperienza umana, in poche parole tutti i semi che abbiamo a disposizione nello scrigno del nostro potenziale. Alcuni di questi semi, che potrebbero portare ad uno sviluppo produttivo del nostro carattere, rimangono, aihmé, silenti: la loro “repressione” nell’inconscio, e la mancata esperienza nella sfera conscia della vita dell’individuo, ha a che fare con i filtri imposti dalle varie formazioni di carattere sociale e dalle esperienze personali. Eppure, anche se si mette un coperchio su una pentola di acqua che bolle, il vapore vuole comunque fuoriuscire, per non creare gradienti di pressione. Allo stesso modo, i semi improntati ad un’espressione vitale dell’individuo, se relegati nell’inconscio, tendono comunque a manifestarsi in modi talvolta sottili, talvolta bruschi e apparentemente misteriosi. È proprio mediante l’auto-analisi che possiamo dimostrare un atteggiamento aperto e compassionevole verso noi stessi, per entrare maggiormente in contatto con quegli elementi che non sono ancora parte della nostra consapevolezza.

In che modo possiamo accorgerci del fatto che ci sono alcuni elementi che cercano la loro via verso la nostra consapevolezza?

  • Utilizzo di razionalizzazioni: La percezione di alcuni sentimenti, passioni, idee e impulsi può essere mascherata dalla costruzione di razionalizzazioni su ciò che ci motiva e ci caratterizza. Insomma, la mente razionale subentra e crea un costrutto logico che inibisce o previene l’entrata in contatto con le suddette forze emotive. Eppure, come dimostra l’esperienza comune, razionalità ed emozione parlano spesso linguaggi diversi e ognuna necessita delle proprie vie espressive per incanalare e mostrare le proprie necessità.
  • Meccanismi di proiezione: emozioni ed impulsi che fanno parte di noi, ma che non sembrano essere compatibili con la visione e percezione ci noi che ci siamo costruiti, possono essere proiettati su di altri. In questo modo vengono percepiti in un modo “filtrato”, come scaturenti da un’altra fonte.
  • Meccanismi di reindirizzamento: alcuni sentimenti possono trovare la via verso la nostra consapevolezza, in quanto la forza frenante non è l’emozione stessa ma gli individui o le entità verso le quali sono rivolti. Ecco che l’emozione non viene negata: la si percepisce, a livello conscio, ma non indirizzata verso ciò che l’ha generata. La si percepisce, piuttosto, reindirizzata verso qualcun altro (anche potenzialmente se stessi).
  • Meccanismo di trasformazione nell’opposto: se ci sono alcune emozioni che vengono percepite come non-coerenti con l’immagine di noi che ci siamo costruiti, ecco che tali emozioni possono essere trasformate nell’opposto e venire sostenute da un’impalcatura di natura razionale e logica.

Meccanismi sottili, appunto, che spesso agiscono in modi che non facilitano un chiaro riconoscimento. Quali vie sono a nostra disposizione, per entrare maggiormente in contatto con il nostro inconscio?

  • Il sogno. Per quanto Fromm, nella sua esperienza di psicoanalista, sia partito dal modello freudiano e l’abbia ulteriormente arricchito, l’analisi dei sogni rimane per lui (come lo era per Freud) un elemento cardine di contatto con l’inconscio. Nel sogno il lato razionale e logico dell’individuo rilascia il proprio controllo e permette all’inconscio stesso di esprimere se stesso in modo simbolico.
  • L’associazione libera. Se una persona è lasciata libera di focalizzarsi su di una determinata esperienza, comunicandone apertamente i contenuti, possono emergere alcune associazione spontanee con altre esperienze dell’individuo e con alcuni suoi vissuti emotivi, che permettono una maggiore integrazione e comprensione dell’esperienza iniziale.
  • Paraprassia. Un fattore comune ai meccanismi di repressione dell’inconscio è l’utilizzo della razionalità e della logica per giustificare o mascherare alcuni vissuti emotivi. Tale impalcatura logica, a volte, può vacillare e lasciar trapelare quel contenuto emotivo o sentimentale che vuole “controllare”. Ecco che si usa una parola che non c’entra col contesto, ci si dimentica qualcosa, o addirittura si perde qualcosa. Attenzione: non tutti i comportamenti che rientrano in tale categoria sono paraprassie. Se, però, la persona che le compie tende a mostrare una reazione emotiva piuttosto forte rispetto ad esse, e cerca razionalmente di mostrare l’opposto di quanto la potenziale paraprassia possa aver svelato, allora l’indizio che si tratti di una paraprassia è da tenere in considerazione.
  • Trasferimento. Eventi passati, che hanno lasciato delle componenti emotive non ancora pienamente elaborate, possono lasciare dei residui comportamentali anche nel momento presente. Ecco che le relazioni presenti non vengono vissute sulla base dell’esperienza presente, ma con l’ombra delle esperienze passate.

Dopo aver discusso dei vari meccanismi dell’inconscio, che Rainer Funk ha splendidamente riassunto nel suo libro “Life Itself is an Art – The life and work of Erich Fromm”, penso sia di fondamentale importante discutere dell’atteggiamento che si può coltivare verso tali meccanismi.

Inutile dirlo: la vita è spesso dura. L’esperienza può mettere ciascuno di noi in contatto con situazioni che, al momento, vanno oltre la nostra capacità di sopportazione o di elaborazione. Dunque, la genesi di impalcature razionali, o la presenza di residui emotivi non elaborati, è da tenere in considerazione. Siamo umani, con le nostre forze e le nostre fragilità. La domanda, è cosa fare quando tali meccanismi vengono percepiti (o, ancor più spesso, intuiti). L’intuizione può portare a dei dissidi interiori, ad una tensione che si pone come elemento di sottofondo alla potenziale accoglienza di elementi inconsci a lungo trascurati o taciuti. Ecco che, di fronte a tale vissuto emotivo, il nostro atteggiamento gioca un ruolo molto importante: se riusciamo ad atteggiarci come mediatori tra il nostro conscio e il nostro inconscio, come figure che comprendono i timori del primo e il desiderio espressivo e di integrazione del secondo, come individui amorevoli e compassionevoli verso noi stessi, ecco che facilitiamo l’accoglienza del nostro vissuto emotivo tra nel nostre impalcature razionali e ci permettiamo, dunque, di sentirci ancora di più noi stessi.

Un atteggiamento di fondamentale importanza, nel percorso di integrazione dell’inconscio, è quello meditativo: ne discuteremo nel prossimo articolo.

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