Ebbene sì, siamo giunti all’articolo conclusivo del percorso sul pensiero di Erich Fromm.
Ne abbiamo fatta di strada. Partendo dalla definizione dei bisogni umani e del carattere produttivo, siamo poi passati ad esaminare la complessa relazione tra individuo e società ed il significato di alcuni concetti che per Fromm giocano un ruolo essenziale: quelli di attività e di alienazione. Da lì, abbiamo esaminato diverse tipologie di carattere sociale che hanno giocato un ruolo rilevante negli ultimi due secoli della storia umana: quello autoritario, quello mercantile, quello narcisista e quello orientato all’Ego.
Come possiamo ad impedire la cristallizzazione in queste forme di carattere sociale, ed aprire invece le porte alle nostre potenzialità inconsce? Insomma, cosa promuove un incontro diretto, con noi stessi e con gli altri? Abbiamo esplorato le vie della meditazione, del contatto con l’inconscio, dell’amore, dell’attività e della vitalità.
Ovviamente, questo percorso non ha la pretesa di coprire in modo esaustivo il pensiero di Erich Fromm, la cui ricchezza trascende quello che si può racchiudere in un qualche articolo. Piuttosto, la speranza è che questo percorso ingolosisca, che apra uno scorcio sul fascino del pensiero frommiano e che tu, lettore, sia poi invogliato a scoprire di più da te, leggendo i suoi libri.
Piuttosto che concludere con parole mie, preferisco lasciare spazio alle parole di Fromm stesso (liberamente tradotte dall’inglese), in uno dei passi a me più cari:
Cosa posso conoscere di me stesso, finché non riconosco che il senso di sè che percepisco è in gran parte un prodotto sintetico; che molte persone, incluso me stesso, mentono senza saperlo, che “difesa” significa guerra e “dovere” sottomissione; che “virtù” significa obbedienza e “peccato” disobbedienza; che l’idea che i genitori amino istintivamente i propri figli è un mito; che la fama è solo di rado basata su qualità umane ammirabili, e non troppo spesso su risultati reali; che la storia è un resoconto distorto perché è scritta dai vincitori; che un’eccessiva modestia non è necessariamente la prova di un’assenza di vanità; che amare è l’opposto del desiderio ardente o del bisogno; che ciascuno cerca di razionalizzare intenzioni ed azioni malvagie e cerca di farle apparire nobili e benefiche; che la ricerca del potere significa la persecuzione della verità, della giustizia e dell’amore; che la società industriale contemporanea è incentrata sui principi dell’egoismo, dell’avere e del consumismo, e non sui principi dell’amore e del rispetto della vita, come invece proclama. A meno che io sia in grado di analizzare gli aspetti inconsci della società in cui vivo, non posso sapere chi sono, perché non so quale parte di me non è mia.
Erich Fromm, The Art of Being, ed. by Rainer Funk, New York (Continuum) 1993
