Nello scorso articolo ti ho parlato dell’importanza del gas naturale come materia prima. Abbiamo visto come, a partire dal gas naturale stesso e dai principali intermedi chimici da esso sintetizzati, sia possibile preparare un elevatissimo numero di composti di elevata importanza nel mondo chimico.
Ora focalizziamoci sul petrolio e vediamo insieme la sua importanza. Il petrolio, come il gas naturale, non risulta essere costituito da un’unica specie, ma è caratterizzato da una miscela complessa di idrocarburi, e risulta avere una diversa composizione in base al luogo dalla quale viene estratto. La prima domanda che ci poniamo è: una volta estratto, il petrolio come viene utilizzato?
Proprio in conseguenza alla sua complessità, il petrolio non viene utilizzato così come viene estratto. Subisce una serie di processi di raffineria, il cui fine è quello di separarlo in varie frazioni petrolifere e di incrementare le caratteristiche desiderate delle frazioni stesse.
Il primo processo a cui il petrolio viene sottoposto è una distillazione frazionata, che permette di suddividere questa importante materia prima in una serie di tagli petroliferi di interesse, caratterizzati da diverse lunghezze di catene idrocarburiche e da diverse temperature di ebollizione. I principali tagli petroliferi di interesse sono:
- Frazione gassosa e GPL (caratterizzati da specie idrocarburiche che contengono da 1 a 4 atomi di carbonio).
- Benzine (caratterizzate da specie idrocarburiche che contengono da 4 a 10 atomi di carbonio).
- Kerosene (caratterizzati da specie idrocarburiche che contengono da 9 a 16 atomi di carbonio). In questa area c’è un altro importante taglio petrolifero, la nafta, caratterizzata da catene contenenti da 6 a 12 atomi di carbonio.
- Gasolio (caratterizzato da catene idrocarburiche che contengono da 15 a 25 atomi di carbonio).
- Oli lubrificanti, oli combustibili, bitumi e residui, che sono le frazioni più pesanti.
Ok, il petrolio è stato separato in una serie di tagli petroliferi che lo caratterizzano. Finito qui il processo? La risposta è no. Le caratteristiche dei tagli petroliferi ottenuti per distillazione non risultano essere confrontabili con quelle desiderate per le comuni applicazioni che ne richiedono l’utilizzo. Dunque, prima di essere utilizzati, i tagli petroliferi devono subire un’altra serie di processi, che ne incrementino le performance. Esaminiamo i principali processi che subiscono:
- Cracking termico: Il residuo di fondo della colonna di distillazione risulta essere una parte significativa del petrolio alimentato. È possibile fare ulteriori separazioni in una successiva colonna che opera sottovuoto, ma siamo anche interessati a valorizzare meglio questa frazione, magari trasformandola in altre frazioni maggiormente appetibili a livello economico. Il cracking termico (oggi poco utilizzato) serve a spezzare lunghe catene idrocarburiche in catene idrocarburiche più corte, mediante un meccanismo chimico radicalico. Sebbene le catene chimiche diminuiscano in questo modo la loro lunghezza, esse mantengono una caratteristica di linearità, che le rende poco appetibili per il mondo della combustione nei motori a benzina. In altri termini, bruciano troppo presto: immagina di bruciare un filo di lana o un gomitolo. Nel primo caso tutta la lana è esposta alla fiamma, e brucia subito. Nel secondo caso, alcune zone del gomitolo stesso sono protette dalla fiamma, e dunque la fiamma ci mette più tempo a raggiungerle. Il risultato è che, nel caso del gomitolo, la combustione impiega più tempo per avvenire. Ecco, noi vorremmo delle molecole “gomitolo” invece che delle molecole “filo di lana”, in modo tale da poter controllare meglio il processo di combustione ed evitare fenomeni indesiderati (motore che batte in testa). A livello pratico, questo si traduce nel desiderare che il combustibile abbia un maggiore numero di ottano. Come facciamo a costruire delle molecole più ramificate? Cambiando il meccanismo reattivo, e passando dal cracking termico al…
- Cracking catalitico: All’interno del processo di cracking introduciamo un catalizzatore che alteri il meccanismo reattivo, e che lo faccia avvenire in modo tale che la formazione di specie ramificate sia maggiormente favorita. Oggi la soluzione impiantistica maggiormente utilizzata è quella dell’FCC (Fluid Catalytic Cracking). In questo modo, a partire da specie idrocarburica a catena lunga, otteniamo delle specie più corte e maggiormente ramificate, e dunque più idonee a combustione nei motori a benzina.
- Reforming catalitico: Immaginiamo di voler incrementare ulteriormente le performance dei tagli più leggeri, costituiti da benzine. Per farlo possiamo introdurre dei riarrangiamenti nelle strutture delle molecole stesse, in modo da incrementare le caratteristiche di aromaticità della miscela. Questo si fa mediante un processo di reforming catalitico, che mediante uno specifico ed opportuno catalizzatore permette di incrementare ancora il numero di ottano della frazione petrolifera, producendo specie aromatiche. Attenzione: le specie aromatiche sono anche di grandissimo interesse per la chimica industriale organica. Dunque, prendendo un processo utile all’incremento del numero di ottano delle benzine e apportando delle opportune modifiche, possiamo ottenere in uscita una frazione ricca di specie aromatiche (BTX), poi separabili e utilizzabili nell’ambito della sintesi di nuove specie.
- Hydrotreating: Oltre a contenere specie di grande interesse, il petrolio contiene anche delle specie inquinanti ed indesiderate. È possibile rimuovere queste specie mediante i processi di Hydrotreating, che utilizzano idrogeno molecolare per il fine precedentemente descritto. Ad esempio, partendo da idrogeno molecolare è possibile rimuovere i composti solforati (che in seguito a processi di combustione immetterebbero in atmosfera ossidi di zolfo, responsabili delle piogge acide) e formare così
, poi utilizzabile per ottenere zolfo , grande reagente di partenza per la sintesi dell’acido solforico.
- Steam cracking: Abbiamo visto che il cracking termico permetteva di ridurre la lunghezza delle specie idrocarburiche. Se spingiamo ulteriormente le condizioni di reazione, in una finestra di temperatura dove è favorita la formazione di olefine (specie idrocarburiche contenenti doppi legami), e se diluiamo con del vapore acqueo, riusciamo ad ottenere in uscita dal processo una corrente caratterizzata da elevate frazioni di olefine a corta catena. Sto parlando principalmente di etilene, propilene e varie tipologie di composti a 4 atomi di carbonio: tutti questi sono composti di grande interesse per la chimica industriale organica, e possono essere utilizzati dopo opportuni processi di separazione.
Ok, breve riassunto. Dopo aver estratto il petrolio, lo inviamo a processi di raffineria. In questi processi possiamo privare i tagli petroliferi dalle impurezze e possiamo modificarne le caratteristiche, in modo che siano maggiormente coerenti con le richieste di mercato. Ai fini chimici, partendo ad esempio da nafta, mediante il reforming catalitico otteniamo alte frazioni di composti aromatici, mediante steam cracking otteniamo alte frazioni di olefine a basso peso molecolare. Separiamo i composti singoli e li utilizziamo per le sintesi chimiche di nostro interesse.
Vediamo insieme cosa possiamo fare con le varie specie ottenibili dai processi prima descritti.
NORMAL PARAFFINE
Il petrolio risulta essere in una buona frazione costituito da catene idrocarburiche lineari (ricordi il filo di lana di prima?) e con solo legami singoli (paraffine). A livello chimico, mediante una serie di reazioni intermedie, questi composti possono essere utilizzati per diversi scopi: come tensioattivi, detersivi biodegradabili, emulsionanti, sgrassanti e per altri scopi ancora.
ETILENE
La molecola di etilene () risulta essere una delle più importanti nell’ambito della chimica industriale organica. Mediante una reazione di polimerizzazione da essa di può ottenere il polietilene, materia plastica di grandissimo utilizzo nel mondo industriale, e può inoltre fungere da co-polimero con altre specie. L’etilene può essere convertito in vinil cloruro monomero, poi a sua volta utilizzabile per la sintesi del polivinilcloruro (PVC), altra materia plastica di grandissima importanza. Un’altra molecola di elevato utilizzo ricavata dall’etilene è l’ossido di etilene, utilizzabile per sintetizzare il glicol etilenico (poi utilizzato nella produzione di fibre) e per sintetizzare polioli, a loro volta utilizzabili nelle sintesi delle resine poliuretaniche. Per ossidazione, a partire da
, si può ricavare l’acetaldeide, utilizzabile poi per la sintesi dell’acido acetico, per condensazioni aldoliche e per addizioni con alcoli. Con l’aggiunta di acqua, invece, si può ottenere etanolo, poi utilizzabile per sintetizzare esteri, etere etilico o etilammine.
PROPILENE
Il propilene () è il protagonista di molte sintesi di interesse industriale.
- Polipropilene: Materia plastica di elevatissima importanza, utilizzata negli ambiti più disparati. Il polipropilene isotattico è nato al Politecnico di Milano e permise a Natta e a Ziegler di ottenere il premio Nobel per la Chimica.
- Acrilonitrile: insieme ad ammoniaca ed aria è possibile sintetizzare questo importante intermedio, poi utilizzato nella sintesi di fibre, resine ed elastomeri.
- Aldeidi butirriche: Costituiscono un importante intermedio, e con ulteriori passaggi chimici danno luogo a plastificanti, solventi, vernici e resine.
- Cumene: insieme al benzene il propilene permette di ottenere questo intermedio, poi utilizzato per la sintesi di acetone e di fenolo, che hanno moltissime applicazioni.
- Ossido di propilene: come dall’etilene potevamo ottenere l’ossido di etilene, dal propilene possiamo ottenere questo ossido, di utilizzo nella sintesi di resine, elastomeri e, convertito in glicol propilenico, nell’industria farmaceutica ed alimentare.
- Acido acrilico: Questo intermedio permette di produrre acrilati, poi di utilizzo per lattici, rivestimenti protettivi e in varie categorie industriali.
FRAZIONE C4
I vari composti a quattro atomi di carbonio permettono molte sintesi. Dal butadiene possono essere ricavate varie tipologie di gomme (SB e NB) e viene ricavata la resina ABS. Dal butano viene sintetizzata l’importantissima anidride maleica, che insieme a polialcoli può formare delle resine poliestere, o che può essere utilizzata per la sintesi dell’acido fumarico, successivamente utilizzato nell’industria alimentare e farmaceutica. Dalla frazione C4 possono essere sintetizzati molti altri composti, che puoi approfondire e analizzare.
BENZENE
A partire dal benzene, come visto in precedenza, possono essere sintetizzati acetone e fenolo. Dall’acetone può essere sintetizzato il metacrilato di metile, utile a sintetizzare resine. Dal fenolo si possono sintetizzare resine fenoliche, e insieme all’acetone si può dar luogo al bisfenolo A, poi utilizzato per sintetizzare policarbonati e resine epossidiche. Mediante un processo di idrogenazione, a partire dal benzene, si può dar luogo al cicloesano, usato nella sintesi del nylon e delle resine. Possono poi essere sintetizzati composti contenenti azoto (quali l’anilina).
ETIL-BENZENE, TOLUENE E XILENI
A partire dall’etil-benzene può essere sintetizzato lo stirene, di fondamentale importanza nella sintesi del polistirene e di altri composti polimerici. Dal toluene si possono ricavare l’acido benzoico e la TNT (potente esplosivo). Dal p-xilene può essere ricavato il PET (polietilen-tereftalato). Dall’o-xylene può essere ricavata l’anidride ftalica, di grande importanza nella sintesi di resine, plastificanti, elastomeri e poliuretani.
I composti ora citati sono solo una piccola frazione di tutti i composti che è possibile sintetizzare a partire dal petrolio. Questo rende il petrolio, al momento, difficilmente sostituibile come materia prima per l’industria chimica. Approfondisci e cerca nuove informazioni!
A presto!
Mattia