Sperare non è il vizio dell’ottimista, ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco.
[Alessandro D’Avenia]
Questa meravigliosa citazione è il degno incipit della quarta chiave della felicità: la speranza.
Qualsiasi pianta, se vuole ergersi maestosa per nutrirsi dei raggi del Sole, deve prima accettare il buio del sottosuolo. Partendo dalla fragile condizione di seme, si nutre e si fa strada nel terreno, per emergere e vedere il cielo.
Ecco, cosa ti auguro: di essere un seme. In altri termini, di riconoscerti come ente dotato di immense possibilità, le quali puoi coltivare e donare al mondo.
Eppure all’inizio non è semplice essere semi. Si è in una condizione di fragilità: quella meravigliosa fragilità che dà spazio alla maestosità e alla bellezza, le quali si nutrono dell’iniziale timore e dell’iniziale spavento.
Riconoscersi come semi, che possono donare al mondo la loro meraviglia, all’inizio spaventa. Lo dice anche il Viaggio dell’Eroe: se un eroe non incontra difficoltà e non le supera con l’ardore della sua determinazione, non è un vero eroe.
Il vero eroe è chi dubita, e si avvale del dubbio come nutrimento delle sue azioni. Invece che farsi frenare da esso, lo pone alla base della propria umanità: quell’umanità che tutti ci contraddistingue, al di là delle differenze che percepiamo.
Nei momenti di sfida, viene in aiuto la speranza. Nei momenti di sconforto, ci si può far accompagnare dolcemente da quella meravigliosa forza che consente di immaginare un futuro che ancora non esiste, e che prende la forma che la matita dei nostri pensieri decide di disegnare.
Quando sei nel dubbio, spera. Immagina il futuro in modo maestoso. Guarda gli ostacoli, e pensa a come superarli. Fai sì che il tuo pensiero sia il tuo nutrimento, che crei dentro di te una motivazione in grado di farsi strada nel terreno.
Ama, sii compassionevole, segui la tua vocazione, e spera 🙂
Un abbraccio,
Mattia