Lo scricchiolio delle scale anticipa l’arrivo di Umberto, mentre Gianni sorride. Ogni giorno la stessa storia: si sente la porta del piano sopra chiudersi con veemenza, poi una parolaccia per ogni gradino fatto. Quaranta gradini, quaranta volgari esternazioni. Per di più, Gianni è costantemente sorpreso nel notare la varietà di insulti conosciuta da Umberto. Si passa da vecchi termini aztechi a commenti a più recenti figure politiche.
«Eccomi, barista da quattro soldi»
«Buongiorno, Umberto. Caffé?»
«Corto, scuro e bollente. Oggi ho bisogno una bella botta per svegliarmi!»
Il vecchio docente in pensione si abbandona su una sedia e guarda fuori dalla vetrata del bar. Ancora nessuno in giro: tutti chiusi in casa.
«Umberto, hai detto che oggi avremmo parlato dell’essere umano.»
«Ah sì, giusto. La scimmia nuda.»
«Vai, lascia libero sfogo al flusso dei tuoi pensieri. Sorprendimi.»
«Ieri abbiamo parlato delle sfide che in questo momento affrontiamo come società. Ho detto che, per capire cosa possiamo cambiare, è bene che prima capiamo chi sia l’uomo e, soprattutto, chi possa essere.»
«Giusto, ricordo.»
«Allora, Gianni, ti faccio una domanda. Cosa ci accomuna tutti? Intendo noi esseri umani, guardando al di là di dettagli trascurabili come la lingue, le religioni, il colore della pelle.»
«Direi che abbiamo tutti le stesse sembianze, che vogliamo tutti essere felici.»
«Bravo, esatto. Tutti tendiamo ad aspirare alla felicità e a rifuggire la sofferenza. Ognuno trova i propri modi per farlo, a volte efficaci, a volte discutibili. Eppure, partire da questo presupposto di base ci fa sentire più vicini, più uniti: vogliamo tutti essere felici, e insieme possiamo esserlo meglio.»
«È vero. Ogni volta che servo caffè al bar e la gente mi parla di sé, noto come ognuno si è costruito la sua propria strada. Alcuni hanno costruito carreggiate spaziose, su cui viaggiare con comfort e gioia. Altri si sono rintanati in strade più strette e tetre, di cui loro stessi hanno paura ma che tendono a non abbandonare per abitudine.»
«Si, esistono tante strade quanti sono gli esseri umani. Eppure, a mio parere, un aspetto che è bene che affrontiamo è la differenza tra felicità e gioia. Tanti, nel rincorrere la prima, tendono a smarrire la seconda.»
«Felicità e gioia? Spesso uso questi due termini come sinonimi. Che differenza percepisci?»
«Gianni, viviamo in una società sempre più materialista. Ci vengono venduti oggetti di ogni tipo, e ci viene insegnato a desiderarli, a pensare che siano fondamentali. Ci viene insegnata la via del successo. Ci viene insegnato che, se siamo bravi e studiamo, prendiamo un bel voto. Insomma, il termine che definisce il nostro valore sembra essere quanto possediamo e quanto riusciamo ad elevarci.»
«Si, sembra una buona descrizione di quanto si può vedere camminando in giro e guardando la televisione.»
«Eppure, non sembra che questo strida rispetto a quanto detto prima? Vogliamo tutti lo stesso, essere gioiosi. E, per ottenerlo, ci immergiamo in una lotta con vincitori e vinti. Con questo paradigma, qualcuno viene necessariamente tagliato fuori. Ecco, Gianni, che ti espongo il primo paradosso.»
«Paradosso?»
«Si, preparati. In tutti i nostri discorsi di questi giorni, affronteremo un sacco di paradossi. Andremo al di là della logica Aristotelica, per cui due affermazioni di senso opposto non possono essere contemporaneamente vere. Il primo paradosso è il seguente: la felicità è basata su momentanee fluttuazioni emotive derivanti dall’appagamento dei sensi. La gioia, invece, è la dolce sensazione che si prova quando si abbraccia la sofferenza.»
«Cioè, se voglio essere gioioso devo essere allo stesso tempo triste?»
«Non necessariamente. La gioia trascende le emozioni del momento, ma ha una caratteristica speciale: la abbraccia tutte, senza farsi dominare, con apertura e curiosità. Leggevo un giorno un ottimo esempio su un libro, “I 36 Stratagemmi”, a cura di Gianluca Magi.»
«Sono tutt’orecchi.»
«Se la nostra mente è la nostra casa, noi siamo i padroni di casa. Padroni non nel senso che possiamo controllare tutto quello che avviene. Come ben vedrai i prossimi giorni, è bene abbandonare l’illusione del controllo e coltivare piuttosto la scelta. Spesso, nella nostra casa, vengono pensieri a trovarci che percepiamo come indesiderati. Possiamo sentire delle reazioni ostili nei loro confronti, e desiderare di non avere tale ospite. Eppure, è un ospite, e come tale è bene che sia accolto e rispettato. Molti ospiti tendono a permanere per la nostra resistenza nei loro confronti. Invece, se li accogliamo tutti, ognuno resterà il tempo che il nostro corpo reputa necessario. Inoltre, potremo notare che, in fondo, da quell’ospite abbiamo imparato qualcosa. Tutti gli ospiti sono i benvenuti, e allo stesso tempo siamo noi i padroni di casa: non possiamo decidere la presenza o meno di alcuni ospiti, ma possiamo scegliere come reagire alla loro presenza.»
«E come, da questo andirivieni di pensieri, scaturisce la gioia?»
«Ah, quello è il percorso di una vita, e ne parleremo domani.»