«Umberto, ieri stavamo parlando del tema della gioia.»
Così esordì Gianni, il nostro amico barista, appena l’anziano docente fece capolino dalla tromba delle scale.
«Gianni, sei più impaziente di un bambino di fronte allo zucchero filato. Fammi appoggiare il mio deretano su una sedia, gustare un buon succo d’arancia e poi proseguiamo a parlare.»
«Succo d’arancia? Prima volta che ti vedo ordinare un succo d’arancia. Però, visto che in questi giorni sei il mio unico cliente (non pagante), ti accontento subito.»
La bibita arancione piena di vitamine inebria il gargarozzo riarso di Umberto, che prosegue: «Si, stavamo parlando della gioia, il viaggio di una vita. Ti avevo detto che la gioia trascende lo stato emotivo attuale e abbraccia tutti gli ospiti mentali che vengono a trovarci.»
«Ecco, sì. Eppure non capisco bene. Com’è possibile provare gioia in momenti di sconforto, di rabbia, di paura?»
«Quando vedi il cielo coperto, pensi che il Sole non esista più?»
«Certo che no, è nascosto dietro le nubi e pronto a splendere ancora alla fine della tempesta.»
«Cosa cambia con il nostro mondo emotivo? A volte il Sole splende alto nel cielo, a volte scure nuvole si addensano e scrosci di pioggia bagnano le nostre ferite. A volte il clima è brioso e caldo, altre volte fa un freddo pungente che ci raffredda. Eppure, non è vero che apprezziamo di più il Sole dopo una forte pioggia, e che la pioggia stessa dà nutrimento a fiori e piante?»
«Indubbiamente: se pianto le mie erbe e il Sole le scalda per trenta giorni di fila senza un goccio di pioggia, diventano aride e secche.»
«Esatto, Gianni. Lo stesso potrebbe accadere a noi: ogni tanto abbiamo bisogno le lacrime per annaffiare nuovi germogli che vogliono crescere dentro di noi, e per estirpare quelle erbacce che ne vogliono impedire lo sviluppo. Dunque, la gioia cresce dolce, con i suoi tempi, quando viviamo le nostre attività mentali senza giudizio e con desiderio di scoperta.»
«Capisco il tuo discorso, Umberto. Ho una domanda. Stiamo facendo questo discorso per rispondere alla domanda più ampia di chi sia l’essere umano, e di chi possa essere. Avevamo detto che la gioia nasce dal mondo interiore, e che in fondo tutti gli esseri umani aspirano ad essere gioiosi. Fino ad ora abbiamo parlato della relazione con noi stessi, basata su apertura e accettazione. Cosa mi dici sulla relazione con gli altri?»
«Oh, quella è una diretta conseguenza del nostro atteggiamento individuale. Se siamo chiusi rispetto ai segnali del nostro corpo e della nostra mentre, se frapponiamo il nostro ego tra le nostre parole e quelle altrui, come possiamo costruire delle relazioni in cui vediamo e accettiamo gli altri per quello che sono? Ti confesso, Gianni, che in questo faccio ancora fatica.»
«Cosa intendi, Umberto?»
«Ti ho detto prima che la gioia è il viaggio di una vita, in cui impariamo l’accettazione e la curiosità. Ognuno di noi ha la sua storia personale, impossibile da capire per gli altri, fino a quando abbandoniamo il desiderio di capirla e ci mettiamo piuttosto in condizioni di vicinanza compassionevole. A volte, visto che ci sono ancora aspetti dentro di me che non accetto e non abbraccio pienamente, estendo tale atteggiamento alle relazioni con gli altri, giudicando e introducendo quindi distanza.»
«Quindi, la distanza che sentiamo con gli altri viene da noi stessi? Siamo noi ad introdurla?»
«Gianni, la risposta è complessa. A volte le azioni altrui sono così forti da farci sentire un senso di distanza, da non voler stare con quella persona. Eppure, in tali contesti, aiutiamo noi stessi ricordando quanto siamo ignoranti.»
«Ignoranti?»
«Si. Gianni, non conosciamo le altre persone. Non viviamo le loro vite, quindi spesso il modo in cui le vediamo non sono altro che nostre proiezioni mentali basate sulle nostro storie personali. Condizione necessaria per relazioni vere è abbandonare l’imperativo della conoscenza. Non potremo mai conoscere un’altra persona fino in fondo: eppure, con desiderio di imparare e tenendo a mente la nostra comune natura umana, possiamo essere vicini e aiutarci a capirci. Domani parleremo di più di questo tema: la distanza e come colmarla.»
«Non vedo l’ora, Umberto! Ascolta, ho finito le arance: se domani vuoi ancora una spremuta, ne compro qualcuna.»
«Non so cosa vorrò domani, ma tu nel dubbio comprale: ci aspettano ancora tanti giorni per parlare.»