Viaggio dentro di sé: Un occhio al passato

Ciao! Mi auguro che tu abbia passato delle buone feste natalizie :)! Dopo una pausa di tre giorni, riprende il cammino mirato al riallineamento personale! Hai iniziato ad intuire quale percorso vuoi intraprendere nella tua vita, e hai iniziato a lavorare su qualche abitudine poco produttiva, in modo tale da sentirti motivato a proseguire lungo questo cammino! Prima di continuare a correre lungo la strada del riallineamento, ritengo conveniente fermarsi un attimo a riflettere, per poter comprendere al meglio quel principale ostacolo che può porsi tra noi e il raggiungimento dei nostri obiettivi. Tale ostacolo siamo noi stessi.

Non è nulla di esterno, perché il modo in cui vediamo il mondo è direttamente correlato a quello che abbiamo dentro di noi. Nell’ambito psicologico, vi è un concetto molto importante denominato zona di comfort. Che cos’è, e come funziona? Virginia Satir, eccellente psicoterapeuta, lo spiegava affermando che noi uomini tendiamo a sviluppare i nostri comportamenti in ambiti che ci sono familiari. In altri termini, per collegarci all’articolo precedente, tendiamo a sviluppare delle abitudini e a mantenerle, dal momento che il nostro cervello si sente particolarmente a suo agio a fare cose che conosce già. Abbiamo visto come è possibile modificare alcune nostre vecchie abitudini, ma, nonostante tutto, possiamo sentire qualcosa che ci frena, nell’applicare tali potenti tecniche. Tale freno è legato principalmente al fatto che abbiamo sviluppato una serie di credenze su noi stessi, che ci dicono cosa siamo e non siamo in grado di fare. Nella quotidianità, tendiamo a cercare esternamente delle conferme a queste convinzioni, in quanto ci permettono di soddisfare il nostro senso di identità e ci permettono di rivestire determinati panni, che ci siamo creati. Ad esempio, se reagiamo male ad un determinato avvenimento, possiamo dire: “Visto? Sono fatto così, non posso farci nulla”. E, nonostante riconosciamo che questo sia un nostro confine, ci fa quasi piacere affermarlo, in quanto ci dice qualcosa su chi siamo.

Un atteggiamento del genere, come si può intuire, è controproducente, dal momento che lega le nostre reazioni e i nostri comportamenti ad un’identità che spesso non ci siamo costruiti da soli. Molte delle convinzioni, che abbiamo preso per vere, ci sono state trasmesse dalle persone a noi vicine e dall’ambiente in cui viviamo. Per questo motivo, spesso ci troviamo a recitare dei ruoli che non sentiamo pienamente nostri. Come fare a trovare un riallineamento con se stessi e con quello che si vuole essere? Durante questo percorso vedrai e sentirai come è possibile farlo: torneremo più avanti a lavorare sul senso di identità e sulle relative convinzioni. L’articolo di oggi è mirato a rimuovere alcune imponenti zavorre che ci portiamo dietro nella vita di tutti i giorni. Questi “pesi” sono alcune  delle nostre azioni passate.

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Del nostro passato, siamo orgogliosi di alcuni nostri comportamenti, e siamo meno felici di altre nostre azioni. I comportamenti passati inappropriati hanno un determinato scopo: quello di instaurare un ciclo di feedback. In altre parole, hanno l’importante ruolo di aiutarci a capire cosa abbiamo fatto di poco produttivo, di comprendere come poter comportarsi meglio e di portare questa nuova consapevolezza nelle azioni presenti e future. Agendo in questo modo, possiamo usare il passato come ottimo maestro, per continuare a camminare sulla strada che abbiamo scelto per noi. Questo naturale ciclo di feedback spesso viene interrotto e deviato, essenzialmente (a mio parere) per le seguenti cause:

  • Zona di comfort: come detto in precedenza, mettere in atto nel presente e nel futuro comportamenti passati ci permette di rimanere nell’ambito di ciò che ci è familiare, e dunque di orientarci. Un nuovo comportamento, per quanto possa essere molto più produttivo e utile, non lo conosciamo ancora e dunque ci sentiamo inizialmente restii a spingerci oltre i nostri confini.
  • Reazioni ambientali: viviamo in un contesto ambientale marcatamente basato sul giudizio. Le altre persone, non comprendendo a pieno le nostre azioni e i nostri comportamenti, in quanto hanno mappe del mondo diverse, si sentono in diritto e in dovere di giudicare quanto facciamo. È normale sviluppare dei giudizi sui comportamenti delle altre persone, l’importante è capire quanto siano pertinenti e quanto sia giusto fare i maestri riguardo a realtà che non conosciamo. Tali giudizi possono essere da noi vissuti come dei veri a propri macigni, in quanto ci sembra in qualche modo di deludere le aspettative altrui e di non essere allineati con l’ambiente in cui viviamo. Pur appartenendo al passato, spesso portiamo tali macigni con noi: delle etichette che ci limitano e ci frenano.

Bene, ora è tempo di liberarsi di questi macigni, e di instaurare nuovamente il ciclo naturale di feedback sul passato. Per farlo, possiamo intervenire come segue:

  • Il primo elemento, essenziale per proseguire nel cammino, è secondo me il perdono. Non siamo perfetti, e crearci delle immagini perfette di noi stessi da perseguire penso sia poco utile. Perché tale obiettivo a priori è mal formulato: la perfezione è un’astrazione concettuale (nominalizzazione), non ha nulla a che vedere con la realtà e con la vita di tutti i giorni. Dunque, se di tanto in tanto facciamo qualche stupidata, è importante sviluppare un atteggiamento tale da perdonare noi stessi per tale azione, e comprendere come poterci comportare meglio in futuro. Ti invito dunque a formulare una o più frasi, che porterai sempre con te, e che ti siano utili a perdonare te stesso. Riporto come esempio la frase che porterò con me. Ricorda: è importante che sia TU a formularla, e che tu senta tale frase fluire dentro di te, quando la pronunci.

Perdono me stesso, per questa azione passata. Sono il padrone del mio destino, condottiero della mia rotta: è mio diritto e dovere camminare sulla mia strada, quella che sento come migliore per me e per la mia vita. Un passo falso ha lo scopo di ricordarmi ancora maggiormente dove voglio volare, quali cieli voglio solcare e in quali oceani voglio nuotare. Perdono le altre persone per i giudizi emessi, riconosco il loro intento di proteggermi e di aiutarmi. E le ringrazio, per i consigli che mi hanno dato. Riconosco il loro affetto, mi focalizzo su quanto posso fare meglio in futuro, e lascio scivolare via i sentimenti di delusione e di sconforto che posso provare. E tale sentimenti, mentre scivolano via, fanno fiorire in me determinazione e carica, per concentrarmi sempre maggiormente su chi voglio essere, e per correre sempre più forte sulla strada che porta a me stesso.

  • Il secondo elemento è a mio parere la comprensione di come poter fare meglio nel presente nel futuro. Per fare ciò, è conveniente porsi le giuste domande, che ci permettono di distogliere la nostra attenzione dalla cornice-problema (“Perché l’ho fatto? Quanto sono stato scemo, non posso farci nulla, sono fatto così…) e spostarla alla cornice soluzione (“Ok, potevo comportarmi meglio. Come posso fare in futuro a tener conto di questo?”). Alcune possibili domande sono le seguenti. Ti invito, anche in questo caso, a sviluppare le tue personali domande, che siano per te produttive e utili :)!
  1. A cosa mi serve continuare a preoccuparmi di quanto ho fatto? Se posso rimediare, è utile preoccuparsi? Dunque, in che modo posso rimediare? E se invece non posso rimediare, il continuare a preoccuparmi quanto mi aiuta a comportarmi meglio ora e in futuro?
  2. Come questa azione passata può aiutarmi a fare meglio in futuro? Nello specifico, quali nuove capacità o quali nuovi comportamenti posso acquisire e fare miei?

Ti ho fornito alcuni spunti interessanti per riflettere su questo tema. Sviluppa le tue considerazioni, e per proseguire il cammino, liberati di tutti quei pesi che porti da tempo. Meriti di liberarti da tali freni: ricorda che non sei i tuoi comportamenti, che sei pieno potenziale, e che puoi arrivare dove vuoi. A patto che non ti limiti e che sei pienamente allineato con la persona che vuoi diventare :)!

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