Ciao! Oggi torno a parlare di alimentazione, con l’intento di fornirti dei nuovi punti di vista dai quali questo argomento può essere visto. Avevo già scritto in passato altri articoli legati a questo ambito, e avevo parlato di quelle che a mio parere potessero essere delle motivazioni legate ad aspetti salutistici, sociali, etici e ambientali che giustificassero una scelta vegan. Altri tre articoli parlavano invece del libro “Whole: Rethinking the Science of Nutrition” (di Colin Campbell), della correttezza informativa in merito a tematiche alimentari, e del ruolo degli integratori alimentari.Ti riporto in seguito i link di questi articoli:
- Perché Vegan? Un punto di vista etico
- Perché Vegan? Un punto di vista ambientale
- Perché Vegan? Un punto di vista salutistico
- Whole: Rethinking the Science of Nutrition
- Integratori = pillole magiche?
- Perché Vegan? Un punto di vista sulla correttezza informativa
Come ho precisato nei vari articoli che ho riportato, l’intento con cui queste pagine sono scritte è quello di condividere nuove informazioni e nuovi punti di vista. Penso che la cosa più importante sia avere una base di conoscenze per scegliere il proprio cammino di consapevolezza alimentare. Ognuno di noi ha medesimi processi fisiologici ma biochimica diversa: ognuno scopra cosa è meglio per sé. E per scoprirlo ha bisogno di informazioni. Le informazioni che io intendo fornire sono legate alla mia scelta alimentare e sulle considerazioni che vi stanno alla base. Mi viene chiesto spesso perché sono vegano. E ci tengo a condividere questa serie di nozioni, dal momento che spesso gli unici vegani di cui si sente parlare sono quelli che compiono vandalismi in nome della Natura e della loro scelta, e che vogliono imporre il loro credo, criticando gli altri. Personalmente mi dissocio: ognuno ha diritto di fare quello che vuole, nel rispetto della libertà altrui. Per primo ho mangiato prodotti di origine animale per anni, e dunque capisco bene anche tali scelte.
Oggi, voglio fornirti nuovi spunti di riflessione in merito a una tematica che personalmente mi è cara: l’allontanamento dell’uomo dai ritmi e dai processi naturali. In questi ultimi anni, vi è stata una sempre maggiore evoluzione tecnologica, che può a mio parere essere vista in duplice modo. Nel primo, come una grandissima fonte di miglioramento: siamo in grado di fare una serie di cose che solo alcuni decenni fa erano ritenute utopistiche, o che non erano neanche immaginabili. Nel secondo, come un progressivo allontanamento dalla nostra identità, e dalla Natura stessa, nel caso in cui tali capacità non siano utilizzate in modo appropriato.
Jeremy Rifkin, nel libro “La Terza Rivoluzione Industriale”, espone molto bene questo concetto. Mette in luce come, nella concezione industriale che ha preso piede fino ad ora, la Natura è spesso vista come una risorsa da sfruttare piuttosto che un bene con cui collaborare. A parere di Rifkin, i prossimi passi che l’uomo dovrà compiere per garantirsi un futuro energeticamente sostenibile saranno quelli di utilizzare la conoscenza che ha sviluppato (e che svilupperà) per riconnettersi sempre maggiormente ai cicli naturali e al suo indissolubile legame con il mondo naturale.
In che modo tutto questo è correlato all’alimentazione? Proviamo a pensare a come funzionava il mondo naturale qualche millennio fa, e come funziona tutt’ora, ad esclusione della specie umana. Sappiamo che nel mondo naturale vi sono alimentazioni completamente diverse tra di loro. Moltissimi animali si nutrono di erbe e di piante (erbivori), altri della carne di altri animali (carnivori), altri ancora di frutti e semi (frugivori). Non è mio intento entrare nel dettaglio di questi temi zoologici: non ne ho le competenze e non penso sia utile. Ho citato ciò per giustificare un’affermazione che spesso mi viene rivolta: “Mangiare carne è un processo naturale, e fa parte della catena alimentare”. Non potrei essere più d’accordo. È alla base del funzionamento della Natura, e sta alla base della sopravvivenza delle specie.
E l’alimentazione dell’uomo, come dovrebbe essere? Alcuni dicono sia onnivoro, altri correnti di pensiero dicono sia frugivoro. Personalmente, non mi interessa, e lascio questo dibattito a coloro che sono più competenti di me in materia. Innumerevoli ricerche mostrano però come eccessivi consumi di prodotti animali nella dieta umana siano controproducenti per la salute. Ciò non vuol dire che non vada mangiata: dire che mangiare prodotti di origine animale sia completamente improduttivo è probabilmente un estrapolazione dal campo di ricerca sperimentale, e da ingegnere so discretamente bene che quando si estrapola dal contesto sperimentale si possono prendere delle grandi cantonate. Quindi, non voglio soffermarmi neanche su questo argomento: non mangiare prodotti animali o mangiare in quantità appropriate è una scelta personale, l’importante è non eccedere. Si può star bene sia non consumando prodotti di origine animale sia consumandone in quantità appropriate.
Quello su cui voglio focalizzarmi è il modo in cui oggi si acquisiscono i prodotti di origine animale. A livello naturale, ogni specie è in armonia con le altre e tutte contribuiscono reciprocamente alla crescita reciproca. Più che una lotta, sono diversi meccanismi di sopravvivenza, che si combinano tra di loro per formare un ampio mosaico, alla base del funzionamento della Natura. Noi uomini ci siamo a mio parere posti all’esterno di questa catena, per instaurare spesso un vero e proprio regime di sfruttamento delle risorse naturali. L’animale in contesto industriale non gode di dignità propria, non ha il diritto di vivere la propria vita e di guadagnarsi la sua sopravvivenza. Ha piuttosto il dovere di crescere, mangiare, essere macellato e finire sulle nostre tavole. E questa, a mio parere, è una grave violazione di libertà. Ci pensiamo spesso esseri superiori, in quanto siamo dotati di capacità intellettuali non riconosciute ad altri esseri viventi. E in quanto esseri superiori, pensiamo di avere più diritti di loro.
Come disse lo zio Ben a Peter Parker, in Spiderman: “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Il grande potere di avere un cervello più sviluppato dovrebbe tradursi nella responsabilità di utilizzarlo in modo appropriato. Basta guardare il corso dei secoli, tra guerre, contrasti, stermini, per capire come il cervello umano possa essere usato male. E basta anche guardare gli atti di gentilezza e di cortesia quotidiani, il nostro potere d’amore, per capire come il nostro cervello possa essere utilizzato bene.
Siamo di fronte a una scelta: allontanarci sempre maggiormente dal mondo naturale o ricollegarci ad esso. Nel cammino, c’è la decisione di come trattare i nostri compagni di viaggio in questa vita. Per quanto abbiano facoltà intellettuali minori (secondo la nostra concezione), hanno a mio parere il pieno diritto di vivere una vita piena e per loro gioiosa, senza essere visti come merce di scambio o come risorsa da sfruttare.