Le gocce di pioggia cadevano abbondanti sul suolo, con il loro insostituibile rumore. Il vecchio Sam adorava quel suono: lo collegava con l’armonia del mondo naturale. Per questo motivo nella sua casa si era fatto costruire una tettoia, sotto la quale aveva messo una sdraio. Durante i temporali, gioiva nell’uscire di casa e sdraiarsi, per perdersi e ritrovarsi tra le gocce e i loro suoni.
Questo era proprio uno di quei momenti magici. Mentre era disteso, decise di prendere il suo vecchio libro di racconti. Che cosa gli avrebbe regalato oggi? Lo aprì a caso e cominciò a leggere.
In un tempo molto lontano, che anche i libri faticano a ricordare, vi era un villaggio, a valle di un’alta montagna. Le dimensioni del villaggio erano modeste, ma sufficienti perché fosse possibile trovarvi tutto ciò di cui si aveva bisogno. Vi abitavano infatti ottimi falegnami, abili agricoltori, eccellenti costruttori, e chi più ne ha più ne metta. Gli abitanti si conoscevano a vicenda, e si scambiavano i prodotti da loro gestiti: in questo modo, ciascuna persona aveva tutto per vivere una vita serena e dignitosa.
Col passare degli anni, e dei decenni, il villaggio si ingrandì. Le case aumentarono, come gli abitanti, che oramai si conoscevano a malapena. Inoltre, il villaggio scoprì di non essere l’unico: intorno ad esso ve ne erano altri, che furono scoperti durante le sempre più vaste esplorazioni. Ebbero vita significativi scambi commerciali, ma anche lotte e guerre, per il dominio della vallata.
Insomma, la vita del villaggio non era più quella di una volta: la bramosia delle persone aveva ora preso il sopravvento, e le conduceva ad accumulare sempre di più. I ritmi si resero più frenetici, e il godersi la vita si trasformò per molti nell’attraversarla senza passioni.
Un abitante del villaggio, di cui non si ricorda il nome e l’identità, notò questi mutamenti, e si rattristì. La sua anzianità gli permise di ricordare gli antichi tempi felici, e questo lo condusse a porsi delle domande sul perché la situazione fosse cambiata in questo modo.
Un’antica leggenda del villaggio narrava che sulla sommità della montagna vicina abitassero gli dei venerati dal villaggio stesso. L’abitante conosceva questa leggenda, ma era un po’ scettico nel credervi.
Un giorno, indipendentemente dalla leggenda, decise di fare una camminata e di raggiungere la sommità del monte. La strada era tanta, ma non minore della determinazione dell’anziano uomo e dell’amore che aveva per il mondo naturale. Passo dopo passo compì il suo cammino, che lo portò alla cima dell’alto monte. Una volta giunto, si sedette per riposarsi e per mangiare, in modo da recuperare le forze che aveva speso. Sdraiatosi dopo pranzo, si addormentò.
Un turbinio di colori lo avvolse, e lo teletrasportò in una dimensione parallela, al cospetto dell’assemblea degli dei del villaggio. Sedevano ad un tavolo di forma semicircolare, in modo tale che potessero vedersi reciprocamente, e in modo che potessero vedere l’abitante, seduto a sua volta davanti a loro. Il membro dell’assemblea seduto di fronte all’abitante iniziò a parlare:
«La tua curiosità ti conduce qui. Hai camminato fino alla sommità del monte, inconsapevole della nostra presenza, e le domande che sentiamo vorticare nella tua testa hanno attirato la nostra attenzione. Cosa ti disturba, umano?».
L’anziano rimase alquanto sorpreso a tale visione, e incoraggiato dalle parole del membro dell’assemblea divina iniziò a descrivere i suoi dubbi:
«Sono smarrito. I miei lunghi anni mi hanno permesso di vedere il villaggio prosperare e vivere felice. La gioia era quotidianamente dipinta sul volto delle persone, e ogni giorno era vissuto a pieno. Gli abitanti erano interessati alla gioia e al divertimento, consapevoli del fatto che non avessero a disposizione l’eternità. Ora molti accumulano, mettono da parte beni materiali come se potessero portarli sempre con sé, e vivono nella bramosia. Sono iniziate delle guerre con i villaggi circostanti: i fabbri invece di costruire utensili costruiscono armi. La mia domanda è: perché abbiamo abbandonato la strada della felicità per intraprendere quella dell’accumulo e della frenesia?».
Gli dei si guardarono reciprocamente negli occhi, con fiducia e cognizione della risposta da fornire al vecchio. Un altro membro dell’assemblea divina iniziò a parlare:
«Anziano uomo, la tua età ti ha permesso di osservare il comportamento umano per lungo tempo. Noi dei a lungo siamo stati dubbiosi, quando abbiamo affrontato la questione dell’essere umano. Che caratteristiche doveva possedere? Per molto tempo abbiamo dibattuto su questo, e alla fine abbiamo trovato una risposta che convinse ciascun membro dell’assemblea. Potevamo scegliere di fornire all’uomo le sole emozioni positive, e di dotarlo di un incommensurato e innato senso dell’empatia. Ma che libertà avrebbe potuto avere l’uomo in questo modo? Come poteva accorgersi che stava perseguendo la strada giusta per lui? Non era possibile, con un innato senso di gioia e di felicità. Decidemmo che l’uomo, per essere felice, dovesse meritare questa emozione. Che gioia avrebbe un agricoltore se, una volta piantati i semi, questi crescessero senza bisogno di cure? Il suo lavoro sarebbe forse più facile, ma privo di scelta. Invece l’agricoltore ha in mano il potere di una decisione. Una volta piantati i semi, può curarli o può non interessarsi di loro. Nel primo caso, crescono e si trasformano in piante rigogliose, nelle quali vi è il riflesso dell’impegno del contadino, e della sua scelta di accudirli e di farli crescere. Vi sono condensate le sue attenzioni: il fatto che li abbia innaffiati, il fatto che abbia strappato le erbacce, e tutte le altre premure che in cuor suo sono state ritenute necessarie. Tutto questo ha permesso la crescita delle piante.
Se il contadino non avesse invece badato ai semi piantati, non avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Il caldo sole avrebbe seccato il terreno, e le erbacce avrebbero infestato il luogo dedicato alla crescita delle colture, precludendo la loro possibilità di svilupparsi. Questa è un’altra possibile scelta in mano al contadino.
Il contadino ottiene quel che semina, a patto che si curi delle sue sementi e a patto che ponga cura alla loro crescita. Allo stesso modo, abbiamo deciso che l’essere umano potesse piantare nel fertile terreno della sua esistenza le emozioni che ritenesse maggiormente appropriate. Se vuole piantare sementi che diano luogo a felicità e gioia, deve curarle e ricoprirle di attenzioni.
Come il contadino strappa le erbacce, allo stesso modo l’essere umano deve ben interpretare le emozioni negative e i timori che affiorano nella sua mente. Sono solo spie del fatto che non sta perseguendo la sua strada: una volta riconosciute e ben interpretate lasciano spazio alla crescita del seme.
Come il contadino dà acqua alle sementi, allo stesso modo l’essere umano deve sperimentare quotidianamente le emozioni che ritiene per lui importanti, affinché possano costellare la sua esistenza.
Anziano uomo, noi non conosciamo il destino dell’essere umano. Abbiamo dovuto scegliere fra due alternative: un eterno senso di felicità inconsapevole e innata, o la scelta di coltivare quello che viene ritenuto maggiormente opportuno. I nostri pensieri ci hanno condotto ad attuare questa seconda alternativa, perché è dalla scelta che possono nascere possibilità che nelle nostre menti non sono ancora manifeste. È dalla scelta che nasce il potere, ed è dalla scelta che si possono sprigionare le immense potenzialità che abbiamo racchiuso nella vostra specie.
Scegli bene per la tua vita, umano, e se puoi aiutare gli altri a comprendere come scegliere al meglio per la loro esistenza, fallo con gioia.»
L’anziano uomo si risvegliò sulla cima della montagna. Era confuso: non capiva se l’incontro con gli dei era avvenuto realmente o se era frutto di un suo sogno. Smise poi di pensarci, perché non cambiava nulla: in entrambi i casi per lui e per la sua mente tale incontro era stato reale, ed è questo che conta.
Ritornò al villaggio, consapevole che le scelte potessero fare la differenza nella vita delle persone.
Il vecchio Sam iniziò a riflettere, e si rese conto dell’importanza delle scelte. Quali emozioni voleva seminare nella sua vita? E tu, che semi vuoi piantare?