Tempo, Arbitrio e Destino

Le lancette dell’orologio ticchettavano furiosamente, mentre il forte rombo di un tuono ne sovrastava il ritmico ed incessante suono. Un fulmine squarciò il cielo, illuminando il volto dei tre giocatori.

briscola

Il gioco era semplice: briscola. Le regole sono assai semplici: chi urla di più o chi inventa turpiloqui più fantasiosi vince in automatico. Se queste condizioni non sono soddisfatte, si procede a misurare la forza con cui le carte vengono calate sul tavolo da gioco. Le leggende narrano di robusti tavoli di marmo, frantumati dalla corsa dell’asso del seme che comanda. Se anche questo criterio non dovesse esser sufficiente, si procede a contare i bicchieri di vino bevuti dai giocatori. In una storica partita si pensò che Michele avesse calato l’asse di picche, per poi scoprire che in realtà il tonfo era dovuto all’amico Giorgio, collassato sul tavolo in coma etilico. Seppe solo quando si svegliò di aver vinto.

Torniamo a noi, e ai nostri tre giocatori. Il primo aveva degli strani tic nervosi. Più che di tic nervosi, in realtà si trattava di una serie di tic-tac, emanati dalle lancette che costituivano la sua robusta corporatura. Ebbene sì: il primo protagonista della sfida era Tempo.

Il secondo sfidante era un amante della razionalità. Analizzava ogni mossa degli avversari, ne studiava i comportamenti. Ricordava a memoria il numero di volte in cui Tempo aveva pulito le sue lancette, sudate per la tensione del gioco. Ricordava le carte giocate, cosa avevano mangiato gli sfidanti a colazione e cosa avevano ricevuto in regalo alla loro Cresima. Questo personaggio diceva che la conoscenza gli conferiva scelta: per questo tutti lo chiamavano Arbitrio.

Il terzo sfidante accettava qualsiasi cosa la vita gli offriva. Evitava di pensare al futuro, perché in sua opinione il futuro non dipendeva da lui, ma da una somma di circostanze e di eventi che erano fuori dal suo diretto controllo. Data questa sua passiva accettazione, questo sfidante non vinse mai alcuna partita di briscola per turpiloquio innovativo, e si rassegnava allo scorrere del tutto; per questo fu chiamato Destino.

Bohr e Einstein a lungo dibatterono sul fatto che Dio giochi o no a dadi col destino dell’Universo. Dunque, cosa impedisce a Tempo, Arbitrio e Destino di giocare a briscola? Potresti pensare che scelsero questo gioco perché carta, forbice e sasso era già soggetto a copyright, oppure perché Ricchezza aveva rubato tutti i soldi del Monopoli senza passare dal Via. Non è così: i tre personaggi, dopo un’attenta analisi, scelsero con cognizione la briscola (Destino non partecipò all’analisi, poiché gli andavano bene tutti i giochi). Fu così che presero il loro mazzo di carte, e alla notte dei tempi iniziarono a giocare.

La partita era nella condizione abituale. Tempo invitava gli altri giocatore a muoversi, Destino buttava sul tavolo le prime carte che gli venivano in mente e Arbitrio calcolava con integrali di linea le possibili evoluzioni di gioco. Tutto nella norma, quando successe qualcosa di inspiegabile.

Tempo si alzò dalla sedia ed iniziò a scappare. Arbitrio e Destino istintivamente seppero cosa fare: iniziarono a correre dietro al Tempo, in modo tale da non perderlo. Insomma, la partita di briscola si trasformò in una repentina corsa contro il Tempo. Per quanto Arbitrio e Destino accelerassero, Tempo correva sempre più veloce di loro, fino a quando diventò un puntino nero in lontananza.

Arbitrio si fermò e appoggiò il suo braccio sulla spalla di Destino. «Ecco! Hai visto cos’abbiamo fatto?! Abbiamo perso Tempo, e ora il Tempo perso non tornerà più». Destino, che non condivideva le preoccupazioni dell’amico, gli disse di calmarsi, e aggiunse: «È vero, potremmo aver perso del Tempo, ma siamo ancora qui e dunque avremmo a disposizione Tempo nuovo».

Arbitrio, infastidito dalla noncuranza dell’amico, disse: «Come fai ad essere così ingenuo, e ad evitare sempre di scegliere? Pensi che il Tempo sia scappato perché doveva? No, siamo stati noi con le nostre scelte a farlo scappare, e ora il Tempo perso non tornerà». Destino replicò: «Sai, tu puoi essere un maestro della scelta, un maestro dell’ordine e della razionalità. Rimane il fatto che quando guardi al futuro vedi incertezza, perché non vedi con esattezza dove le tue scelte di ora ti porteranno. Ci sono duemila cose fuori dal tuo controllo che possono succedere. Cosa ti mette in condizione di ostinarti ad abbracciare il certo, piuttosto che accogliere a braccia aperte le meraviglie di un potenziale ignoto?». Arbitrio non seppe cosa replicare, e si fece taciturno, sperando che il Tempo potesse davvero tornare. Destino rispettò il suo silenzio, e nel frattempo pensò alle scelte che aveva spesso evitato.

Come ci si poteva aspettare, il Tempo tornò, con nuovi carichi di promessa e di speranza. Seduti al tavolino, i tre ripresero a giocare a briscola. Ora Destino iniziava a pensare a quali scelte fare, per amare il futuro come arrivava e in contemporanea per viverlo a pieno con le sue azioni. Ora Arbitrio guardava al futuro con occhi nuovi, ricchi di scelta e anche di speranza per l’immenso in cui era immerso.

Molti altri tavoli da gioco furono rotti da quel giorno, ma il suono delle carte ora aveva un retrogusto più dolce.

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