Nello studio della cinetica chimica, ossia nell’analisi delle velocità che caratterizzano le reazioni chimiche, ci si imbatte nel concetto di energia di attivazione.
In questo diagramma è riportata la variazione di energia libera del sistema man mano che i reagenti si trasformano in prodotti. I prodotti sono caratterizzati da un livello energetico inferiore rispetto ai reagenti, e dunque la trasformazione chimica è favorevole dal punto di vista energetico. È anche vero che, nel decorrere della reazione, i reagenti devono prima trasformarsi in un complesso attivato (il transition state) che è più instabile dei reagenti stessi e dei prodotti di reazione. In altri termini, per giungere ad una situazione di maggiore stabilità, le specie chimiche devono prima passare da una configurazione caratterizzata da maggiore instabilità. Immagina di spingere un masso per una piccola salita, e di lasciarlo poi cadere per la lunga discesa che segue la salita: il meccanismo di funzionamento è il medesimo. Il masso è bel lieto di rotolare lungo la discesa a patto che lo si metta in condizione di superare la salita.
Esistono vari modelli per descrivere questo comportamento (tra cui l’equazione di Arrhenius), la cui discussione non è l’obiettivo di questo articolo. L’obiettivo di questo articolo è mostrare come, secondo la personale percezione di chi scrive, avviene qualcosa di simile anche nel cambiamento personale.
L’essere umano adora ciò che è gli è noto. Secondo il concetto di zona di comfort, il cervello tende a prediligere comportamenti che sono già conosciuti. Non importa se tali comportamenti siano produttivi o improduttivi, se portino a risultati sperati o se conducano alla disperazione. Il cervello li conosce, e ciò che è conosciuto è per lui spesso preferibile rispetto all’ignoto (anche se tale ignoto può essere potenzialmente migliore). Spesso ci priviamo della possibilità di vivere situazioni migliori per il timore dell’ignoto che dobbiamo affrontare, che si comporta proprio come quella collinetta energetica che i reagenti devono superare per trasformarsi in prodotti.
In altri termini, anche se dietro la collina dovesse esservi un bellissimo prato in cui sdraiarsi, correre e divertirsi, spesso il cervello tende a focalizzarsi sul mistero della collina. Questo frena nel cambiamento, e a volte ci pone in condizioni di opporci al cambiamento stesso.
Eppure, se le molecole non attraversassero uno stato di momentanea instabilità, non potrebbero esserci trasformazioni. La materia non potrebbe evolvere temporalmente e creare nuove molecole. Tutto sarebbe stazionario e sempre identico a se stesso.
Allo stesso modo, se noi non accettassimo uno stato di momentanea instabilità tra un passo e l’altro, non potremmo camminare. E se non accettassimo uno stato di momentanea confusione tra la nostra condizione attuale e i nostri sogni, non potrebbe esservi cambiamento.
A volte, nel cambiamento, è più questione di affrontare la propria paura di cambiare che di implementare il cambiamento stesso. In questi casi è opportuno guardare le collina, sorridere e godersi il viaggio. Un viaggio magari misterioso e che comprende cose che ancora non conosciamo, ma che proprio per questo arricchirà la nostra vita!
Un abbraccio,
Mattia