Ho recentemente letto il libro «Che cos’è la scienza: La rivoluzione di Anassimandro», di Carlo Rovelli. Il libro mi ha colpito molto: un’interessantissima analisi della nascita del pensiero scientifico, delle sue peculiarità e dei suoi punti di forza.
Nel libro viene esaminato e discusso l’interessantissimo ruolo di Anassimandro (grande pensatore greco del VII-VI secolo a.C.). Cos’ha fatto Anassimandro di così rivoluzionario? Perché Rovelli ha voluto esaminare profondamente il suo contributo?
La risposta è semplice: Anassimandro ha introdotto un nuovo paradigma. Questo cittadino di Mileto, città permeata da molteplici culture differenti grazie agli scambi commerciali, ha saputo elaborare pensieri che si distaccavano formalmente dalle tipologie di pensieri contemporanei.
In che senso? In quel periodo le cause dei fenomeni naturali erano principalmente spiegate ricorrendo a manifestazioni divine. Un esempio: Eolo, il dio del vento, generava brezze e bufere. Le tipologie di pensiero socialmente comuni tendevano a porre le cause dei fenomeni naturali fuori dalla natura stessa. Ebbene, Anassimandro introdusse nuove vie di ragionamento: iniziò a spiegare il comportamento dalla natura a partire dalla natura medesima. Le piogge, secondo Anassimandro, erano causate dall’acqua degli oceani che evaporava e che ricadeva sul suolo. La Terra, secondo Anassimandro, era sospesa nel vuoto, e non cadeva per il semplice fatto che non vi fosse una particolare direzione nella quale cadere (relatività del concetto di alto e basso).
Insomma, il pensiero di Anassimandro aveva carattere rivoluzionario. Si ispirò molto agli insegnamenti di un suo maestro, Talete, ed ebbe anche il coraggio di andare oltre, dicendo la propria e donando la propria interpretazione del mondo. Certo, alcune idee sono state smentite dalle scoperte successive, e sentire oggi queste idee probabilmente ci farebbe sorridere. Eppure, questo personaggio storico ha avuto il coraggio di osare. Ha avuto il coraggio di andare controcorrente, di uscire dalle vie di pensiero abitudinarie. Ha avuto il coraggio di descrivere i fenomeni basandosi sull’osservazione dei fenomeni stessi: un concetto molto caro alla scienza.
Ecco, di cosa (secondo me) abbiamo bisogno, anche per il futuro: del coraggio di osare. Abbiamo il diritto di credere in un mondo migliore, di essere noi stessi e di introdurre nuove vie di pensiero che portino a descrivere la realtà in modo proficuo. In un modo che si interessi del bene comune.
A presto,
Mattia