Mi è capitato di vedere nel campus una ragazza bellissima. Aveva magnifici capelli d’oro che ondeggiavano al sole. Erano straordinari. Le sono passato accanto e ho pensato: che capelli splendidi ha questa ragazza. E poi ho pensato: Devo dirglielo. Ho fatto dietro front e sono tornato verso di lei. Lei si è voltata e, vedendomi lì vicino, sembrava che volesse gridare. Io ho detto: «Non devi avere paura. Voglio soltanto dirti che hai capelli meravigliosi, e vederli così al sole è un prodigio. Mi è piaciuto veramente. Ti ringrazio».
Poi mi sono allontanato lentamente, e a poco a poco lei si è resa conto che qualcuno le aveva fatto un complimento. E ha cominciato a sorridere. Quando sono arrivato all’ingresso dell’università, mi ha fatto addirittura un cenno con la mano. Mi è parso che si tenesse ancora più eretta, più vicina al sole.
[Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi]
Ho la forte percezione che la maggioranza degli esseri umani si senta più giudicata che apprezzata. Perché? Forse perché i giudizi sono assai più comuni dei complimenti.
Scena A:
«Hey, hai visto quel babbeo di Joe? Ne ha combinata un’altra delle sue. Stava grigliando le costine e ha dato fuoco al giardino. Meno male che il cane ha fatto in tempo a rientrare in casa.»
«Guarda che le costine e il cane erano la stessa cosa. Il supermercato era chiuso e ha grigliato Bingo.»
«Ah. Ecco perché non sento più abbaiare.»
Scena B:
«Ieri Mario si è comportato in modo molto gentile, non me l’aspettavo! È propria una brava persona.»
«Sisi, è proprio un bravo ragazzo caspita. Non è da tutti aiutare senza aspettarsi nulla in cambio.»
«Corbezzoli, ne sono proprio rimasta piacevolmente colpita.»
Sai cosa succede quando Joe e Mario tornano al lavoro? Probabilmente Joe si trova in ufficio delle foto del suo giardino in fiamme, con un’ode alla memoria di Bingo. A Mario invece non viene detto nulla, così non sa di aver fatto qualcosa di gentile.
Sai perché? Perché gli standard con cui si confrontano molte persone sono la perfezione e l’eccellenza, senza rendersi conto che per avvicinarsi a tali mete si fanno una marea di errori (e ci si arriva se si impara da essi). Dunque, ciò che è bello e giusto è scontato, mentre ciò che è sbagliato viene continuamente rinfacciato e riportato alla mente.
Pensaci. Sono estremamente sicuro che nella tua vita hai fatto qualcosa di eccezionale. E sono anche sicuro che hai fatto qualcosa di “sbagliato”. Quale delle tue cose viene più frequentemente riportata alla tua mente? E sai come questo influisce sulla tua percezione di te stesso/a?
Molte persone non si sentono eccezionali perché non viene detto loro frequentemente. È più probabile che le venga detto che sono stupide o che non sono in grado di fare qualcosa. Per me, che venero il linguaggio e la parola, questo comportamento è fonte di frequenti pensieri e riflessioni.
Ti invito a fare una cosa. Quando le persone fanno qualcosa di bello, diglielo. Rendile partecipi del fatto che pensi che siano eccezionali. Quando fanno qualcosa di “sbagliato” (sbagliato secondo chi?), fornisci un feedback specifico su come migliorare, consapevole del fatto che con nuove risorse potranno mettere in atto nuovi comportamenti.
Abbiamo l’immenso dono della parola. L’abbiamo costruita e affinata nei secoli e nei millenni, per comunicare in modo efficace e per orientarci nella realtà. Mi rifiuto di pensare che la parola venga utilizzata per dire a qualcuno che è stupido. Credo invece che la parola possa essere utilizzata per aiutare le persone a scoprire le loro meraviglie.
Un abbraccio,
Mattia