Leggendo il titolo so già cosa potrebbe venirti in mente: Giovanni che, in «Tre uomini e una gamba», sterza in autostrada spinto da un’incontrollabile frenesia.
Eppure «Vesti la Giubba», dai «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo, è un’aria che fa riflettere molto. Se non l’hai mai vista o sentita, puoi tranquillamente trovarla su YouTube.
Il pagliaccio Canio, scoperto il tradimento della moglie Nedda, si appresta a prepararsi per entrare in scena. Nonostante il turbamento emotivo, il pagliaccio si veste e si rende pronto a far ridere gli spettatori. Canio trasforma il suo turbamento in ironia, la sua amarezza in sorrisi.
Sebbene il suo tentativo non abbia il fine auspicato, questa meravigliosa aria può essere di insegnamento a tutti noi. Tutti noi, infatti, attraversiamo momenti impegnativi nelle nostre vite. In questo istanti i sorrisi sembrano mascherarsi dietro espressioni più cupe, le risate dietro smorfie di dolore. Le nostre qualità, esplicite fino ad un attimo prima, giocano a nascondino e ci allontaniamo dal tipo di persone che vogliamo essere.
In questi momenti l’opera di Leoncavallo ci insegna l’arte della trasformazione. Il dolore non può essere eliminato: cosa può esserlo, in un mondo in cui nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma? Ecco la chiave: usare il dolore come base edificante. Invece che rifuggirlo, usarne i mattoni per costruire le rigogliose dimore della prospettiva e della risata.
Il dolore ci insegna qualcosa sulla nostra comune natura umana. Ci insegna la compassione e ci permette di comprendere cose che altrimenti mai impareremmo. Ci insegna a non dare nulla per scontato e, per quanto il viverlo possa essere impegnativo, ben più impegnativa sarebbe una vita contraddistinta dalla superficialità di chi non lo sperimenta mai.
Tutti siamo pagliacci, chiamati a gioir dei nostri trionfi e a rider delle nostre sventure, perché possano aiutarci a costruire altri successi.
Tutti noi, in fondo, siamo chiamati a vestir la giubba.
Un abbraccio,
Mattia