C’è un momento la sera in cui gli occhi si chiudono e, come per magia, quello che è stato in giornata lascia posto ai sogni.
I sogni mica si possono scegliere, se no sarebbe troppo facile (e anche troppo limitativo). La nostra mente rompe le catene del noto e spazia tra contenuti e concetti, combinandoli in modo inusuale. Leggi fisiche vengono superate, insieme agli altri vincoli che nella quotidianità ci cullano in placide abitudini.
Eppure, forse sconvolgerà leggere che anche in giornata spesso viviamo come in un sogno. Un sogno che, invece che farci volare, ci confina. Viviamo spesso intrappolati in quel che crediamo che sia, invece che spaziare in quel che è e che può essere. Viviamo assuefatti dai nostri concetti, dalle nostre idee, invece che vederli come punti di partenza da cui salpare per esplorare il nuovo.
Tra i limiti che imponiamo sulla nostra visione della realtà, i più persistenti e tenaci sono quelli legati alla nostra personalità. Ciò che mettiamo dopo le parole “io” e “sono” rimbomba a mo’ di condanna, come se fosse un qualcosa di immodificabile che ci accompagna ogni istante. Così, invece che gioire della nostra dinamicità, ci rinchiudiamo in quella staticità boriosa, bella perché nota ma amara perché ferma.
Questo rimbombare di “io” e verbo essere spesso ci fa focalizzare così tanto su noi stessi, da dimenticare che siamo parte di una realtà più ampia. La nostra transitorietà spazio-temporale, flebile come un soffio se paragonata alla Terra e all’Universo, può spaventare. Spaventa soprattutto quando lo sguardo è su di noi, che oggi ci siamo ma un giorno chissà. Spaventa se ci percepiamo come il centro attorno a cui tutto ruota. Eppure, se ci vediamo come indispensabili tasselli del mosaico dell’universo, la prospettiva cambia. Tasselli mutanti, che nella loro esistenza amano e donano e che, al momento del mutamento, lasciano ciò che sono in così tante forme che l’universo ne risulta arricchito.
Ecco che la gioia, quella profonda e non legata a soddisfazioni sensoriali, appare quando ci si lascia cadere dal castello di carta della nostra identità e si inizia a volare tra il possibile e la compassione, affinché la nostra vita sia un dono di cui tutti beneficiamo al banchetto della vita.
Un grosso abbraccio,
Mattia