Gianni siede pensieroso, con gli occhi persi nel vuoto. Umberto, vicino a lui, se la sghignazza sotto i baffi.
«Hai ragione, vecchia volpe! Non abbiamo più messo in atto la scommessa che avevamo fatto in quella partita a briscola. Quanti anni sono passati? Almeno dieci, penso.»
«Dodici anni e cinque mesi, per l’esattezza.»
«Non so se posso farlo. Mi vergogno.»
«Ne parleremo un’altra volta, barista arrugginito. Torniamo ora sul tema dell’alienazione. Sentiamo un po’ cos’hai carpito dalla nostra discussione di ieri.»
Gianni raddrizza la sua schiena e, simulando la voce di un giovane alunno, risponde: «Certo, Professore. Spero di prendere almeno un sette, così recupero il cinque dell’altra volta.»
Umberto ride e si mette le mani nei pochi capelli che gli sono rimasti. Gianni prosegue: «Tre termini essenziali sono emersi ieri: avere, essere, alienazione. L’avere, al di là del possesso di cose materiali, è connotato da una forma mentis con focus sul risultato. L’essere, d’altro canto, si esprime con un focus sul processo creativo, in cui la persona e l’azione compiuta diventano un tutt’uno. L’alienazione emerge come distaccamento dall’attività produttiva, cosicché l’uomo si sente padrone di oggetti, relazioni e ruoli. In questo modo, la perenne verità del continuo mutamento viene rinnegata.»
«Alunno Gianni, detto il barista, sono impressionato! Questo va ben oltre un sette: la tua pagella è salva.»
Gianni si alza e corre per il locale, imitando Fabio Grosso ai mondiali di calcio 2006. Finito lo scherzo si calma e si siede, sudato e ridente. Umberto inizia nuovamente a parlare.
«Gianni, una questione chiave è l’alienazione nel mondo lavorativo. Oggi il paradigma comune è il compimento di un’attività lavorativa per l’ottenimento di un salario, usato poi per l’acquisto di beni e di servizi.»
«Sì, ognuno cerca di far qualcosa per avere la sua pagnotta quotidiana.»
«Ecco, consideriamo l’attività lavorativa dalla prospettiva di avere ed essere. Se il paradigma dominante è quello dell’avere, l’attività lavorativa è un mezzo col quale ottenere scopi. Tali fini possono essere appunto il salario o, in molti contesti, prestigio e potere. D’altro canto, la modalità dell’essere percepisce l’attività lavorativa come percorso creativo, in cui il termine stesso “lavoro” diventa obsoleto. L’uomo è un tutt’uno con la sua attività: la compie per un fine che va oltre se stesso, e i frutti emergono spontaneamente.»
«Dunque, avere ed essere sono due modalità operative che fanno percepire l’attività lavorativa in modo completamente diverso?»
«Sì, e gli aspetti chiave, a mio parere, sono due: unione col processo creativo e trascendere il sé.»
«Qua si palesa la necessità di un esempio.»
«Pensa a al tuo lavoro, Gianni. Quello che fai, sostanzialmente, è servire caffè e prelibati prodotti pasticcieri agli avventori che entrano nel tuo locale. Se la tua modalità operativa si focalizzasse sull’avere, la giornata sarebbe più o meno la seguente. Come un’automa, macini chicchi di caffè in serie ed estrai sfogliatine al cioccolato dal bancone. I volti sono tutti gli stessi: riconosci chi viene spesso, elargisci sorrisi tirati e torni sui tuoi compiti. I giorni passano tutti uguali, mente le cifre del conto in banca crescono lentamente.»
«Si, riconosco che a volte capita.»
«Vediamo ora lo scenario dell’essere. Sei focalizzato sul momento presente e, soprattutto, sei consapevole che non sei un barista; sei molto di più. Sai, quello che fai nella tua vita non è vendere caffè e brioches, ma donare sorrisi e senso di appartenenza. Per molti, venire nel tuo bar è un rituale mattutino che li fa sentire a casa. Sentono il profumo dei croissant, vedono il tuo volto amichevole, leggono la Gazzetta e vanno a lavorare. Arrivano al posto di lavoro con la consapevolezza che c’è qualcuno al mondo che si interessa di loro e che, al mattino, gli porge un caffè. Senti l’odore dei chicchi macinati, il profumo della Signora Rosa che quel mattino indossa un meraviglioso vestito violetto. Parli con la gente, ascolti le loro preoccupazioni e doni comprensione. Ecco che il tuo lavoro diventa un processo creativo, un qualcosa che fai per gli altri e in cui ti senti pienamente immerso.»
«Sembra meraviglioso, descritto in questo modo», dice Gianni con gli occhi sgranati.
«Pensaci bene: cos’è cambiato? Il lavoro è lo stesso. Il salario viene ugualmente guadagnato. Ciò che è mutato è l’atteggiamento alla base dell’attività lavorativa. La questione, in fondo, è tutta lì: avere o essere?»
Lo sguardo di Gianni è nuovamente perso: sente il suo lavoro come un tassello importante del mondo.