Chiusura, apertura. Periodi di pace e istanti di terrore. Non è facile avere un’attività in proprio, in questo periodo di pandemia. A dei momenti in cui si può finalmente pensare che il peggio sia passato, si alternano nuove chiusure e nuove difficoltà economiche.
Per Gianni è stato proprio così. Cenni di sorrisi, seguiti da pianti e domande. È stato preoccupato per il bar, ma si è sentito ancor più timoroso per il suo amico Umberto. Già lo sapeva, che Umberto non è un giovanotto: temeva che il virus, se mai fosse arrivato a lui, l’avrebbe messo in difficoltà. E così è stato. Per qualche giorno di fila, Umberto non era venuto al bar, fino a quando Gianni ha scoperto che era ricoverato in terapia intensiva, a combattere contro il nemico invisibile.
Ci sono volute settimane, per uscirne. Mesi, per riprendersi pienamente e tornare a muoversi. Le scale che separavano l’appartamento di Umberto dal bar erano una grande sfida; per questo motivo, per qualche mese è stato Gianni ad andare a trovare l’amico, per portargli un sorriso e una sfida a briscola.
Il vecchio docente non aveva le energie per proseguire le loro considerazioni, su cosa la società avrebbe potuto imparare da questa grande sfida. I due si sono limitati a supportarsi, a ridere e anche a disperarsi insieme. Forse, uno dei grandi messaggi che Umberto voleva condividere con Gianni è proprio questo: siamo fragili, e abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
Il progresso tecnico-scientifico ci fa a volte sentire onnipotenti; ci beiamo di tale illusione, e facciamo i capricci quando la società non può darci quello che pensiamo che sia giusto per noi. Non consideriamo, spesso, quanto siamo delicati e quanto siano l’amore e il supporto reciproco ad esprimere, massimamente, il nostro potenziale.
Ecco, forse un primo spunto è proprio questo: abbandoniamo il porto sicuro di chi pensiamo di essere, e immergiamoci nell’ignoto delle nostre possibilità. Lì è buio, tenebroso, ed è con la vicinanza di altre persone che possiamo sentirci sereni in tali orizzonti, che spaurano il cuore e lo tentano a tornare nei confini noti.
Il pensiero Aristotelico non contempla che la più grande forza, in fondo, possa essere la fragilità: come possono due concetti, antitetici, insieme creare il tessuto del mondo? Eppure, se abbracciamo il paradosso, scopriamo forse che è proprio il danzare nel timore, insieme, che ci rende umani e vivi.
Umberto, tornerà, arricchito. Ha imparato molto, da questa sfida. E non vede l’ora di poterne parlare con Gianni.