«Delle molteplici sfide che l’uomo deve affrontare, la più ardua è probabilmente quella di trovare se stesso.»
Esordisce con questa frase, Umberto. È seduto su una sedia del bar di Gianni. Le gambe, che già mesi prima erano magre, ora mostrano cenni di una muscolatura inesistente: le lunghe settimane di degenza ospedaliera hanno assai influito, sulle possibilità motorie del vecchio docente. Eppure, se ad una prima vista gli occhi di Umberto sembrano stanchi, una lettura più profonda non può fare a meno di notare barlumi di accresciuta saggezza.
«Immagino che questi mesi siano stati duri per te, vecchio leone», dice l’amico Gianni mentre accende la macchina del caffè.
«Lo sono stati. Sebbene io abbia sofferto nel fisico, anche la mia mente è stata molto irrequieta, prima di trovare nuove risposte.»
«Cosa intendi?»
«Trovarsi di fronte alla possibilità di morire, sentirla così vicina, non può far altro che donare una nuova prospettiva su come viviamo. Mi sono accorto di un qualcosa che prima mi sfuggiva: per quanto io mi sia impegnato a varcare i confini della mia limitata percezione, non ho dato spazio al mio cuore di varcare i confini delle sue paure. Insomma, non ho amato quando avrei potuto.»
«Dalla possibile morte, all’amore?»
«Sì. Non è comico che, quando siamo messi in condizione di guardare alla nostra intera vita, la osserviamo indossando le lenti dell’amore? Non quelle del successo, del guadagno e delle altre vuote mete che la società ci vuol far credere importanti.»
«A pensarci bene, non mi sembra comico, ma normale e giusto.»
Umberto guarda verso il soffitto, assorto nei suoi pensieri. «Ecco, Gianni», esclama, «forse qualcosa che questi momenti difficili possono insegnarci, è l’importanza dell’amore. Noi esseri umani siamo imperfetti, fragili, delicati. È facile ferirci, ma è anche semplice rimarginare le ferite con un sorriso o una carezza. Da soli, possiamo far poco; eppur, riflettendoci nel reciproco amore, possiamo imparare più su noi stessi e metterci in grado di donare col cuore.»
«Come possiamo fare, Umberto, a coltivare l’amore?»
«Mi piace il verbo coltivare: l’uso di questo verbo si fonda su due premesse. La prima, è che tutti noi conteniamo, nel nostro potenziale, i semi dell’amore. La seconda è che tali semi, se trattati con riguardo e con le giuste cure, possono germogliare e generare meravigliosi fiori. Ecco dunque che l’arte di amare si discosta dalla tipica visione dell’amore romantico, dove due anime separate si trovano e sono unite da una passione irrazionale. Questo può essere un punto di partenza; eppure, l’amore non può prescindere da responsabilità, rispetto e intimo desiderio di aiutare l’altra persona a scoprirsi. E questa, in fondo, è una scelta. E bada bene: se l’amore è confinato ad una sola persona, non può esser definito amore. Certo, l’amore erotico ha spesso un’impronta esclusiva: eppure, l’amore per una persona è il punto di partenza per un ampio affetto che coinvolge i nostri fratelli e sorelle.»
«Dunque, l’amore come scelta?»
«Sì, sì! Questo richiede un grande coraggio. È necessario abbracciare le nostre paure, curare le nostre ferite ed aprirci a momenti difficili. Eppure, v’è un’alternativa all’amore?»
I due amici guardano fuori dalla finestra. Il primo elemento che riassume le lunghe discussioni che hanno fatto è l’amore: un’arte di cui noi tutti siamo allievi e maestri, in cui ogni arrivo è un punto di partenza per nuove e più elevate espressioni. Un’arte che ha a che fare con lo scopo della vita.