Buio e Luce – Perdonare se stessi

Classica domenica: una bottiglia di vino aperta, l’immancabile mazzo di carte e la televisione accesa. Niente notizie dalle partite della domenica pomeriggio: il campionato è sospeso per il virus.

«Umberto, ieri abbiamo parlato del tema del giudizio altrui. Mi hai detto che oggi avremmo parlato del giudizio verso noi stessi.»

«Oh, sì», risponde il vecchio docente mentre cala un fante di spade sul tavolo. Poi prosegue: «Ieri abbiamo visto come le esperienze di ciascuno di noi siano sostanzialmente individuali. Siamo tutti umani, condividiamo le stesse emozioni e abbiamo gli stessi bisogni; allo stesso tempo, ciascuno ha la propria storia. Usare la nostra mappa percettiva per giudicare l’esperienza delle altre persone risulta limitante. Quello che possiamo fare è sviluppare consapevolezza della nostra ignoranza, per metterci in condizione di voler comprendere ed aiutare.»

«Sì, mi sembra un buon riassunto di quanto discusso ieri. E cosa mi dici, dunque, del giudizio verso noi stessi?»

«Sembra che il discorso che ho appena fatto possa cadere. Noi abbiamo vissuto la nostra stessa vita: conosciamo le nostre esperienza, siamo consapevoli delle nostre sfide. Da questo presupposto, la vicinanza a noi stessi dovrebbe sgorgare in modo automatico. Eppure, spesso non è così.»

«Cosa interviene, dunque, nel rapporto con noi stessi?»

«Gianni, spesso non tutta la nostra vita è accessibile alla consapevolezza attuale. Per esempio, molti di noi non ricordano gran parte dei momenti vissuti da bambini. Ci sono molte esperienze che, con l’andare degli anni, abbiamo dimenticato. Altre esperienze, ancora, le ricordiamo diversamente da come sono effettivamente state. Insomma, ricordiamo una piccola parte di quel che siamo stati, spesso neanche in modo accurato. Allo stesso tempo, mi piace pensare che le nostre risposte emotive ricordino piuttosto bene.»

«Cosa intendi?»

«Intendo dire che la nostra paura, rabbia, tristezza, gioia, sconforto, leggerezza, possono non essere immediatamente comprensibili alla nostra consapevolezza attuale, ma comunque pienamente sensate nel considerare tutto il nostro vissuto. Se avessimo a disposizione un film di tutta la nostra esistenza, riguardandone alcune parti comprenderemmo meglio perché alcune emozioni vengono a trovarci.»

«Dunque, come interagire con queste emozioni che vengono a trovarci, delle cui cause non abbiamo piena consapevolezza?»

«Accettazione. Apertura. Accoglienza. Desiderio di imparare. Gianni, penso sia bene che accogliamo i segnali che il nostro corpo ci manda. A volte fanno paura. A volte, per non soffrire, siamo più portati a distrarci. Allo stesso tempo, penso sia importante andare al di là del giudizio e imparare ad abbracciare noi stessi.»

«Capisco questo tuo discorso, Umberto. Allo stesso tempo, ho una domanda: alcuni di noi hanno un rapporto non pacifico con alcune azioni o eventi passati. Tendiamo a giudicarci perché avremmo potuto fare diversamente, perché avremmo voluto non compiere quell’errore, o per altre ragioni. Cosa possiamo fare in questi casi?»

«Ancora, nuovamente, abbracciare noi stessi. La nostra consapevolezza attuale non è la stessa di allora. In quello specifico momento, che ora vorremmo che fosse andato diversamente, non avevamo ancora le risorse per farlo andare diversamente. Punto. Un continuo accanimento non produttivo verso il passato lo fa rivivere e ci distanzia da noi stessi. Tutti abbiamo fatto errori, Gianni. Cosa dovremmo fare, dunque? Chiuderci in casa perché temiamo che possa succedere di nuovo? Rinchiuderci in una gabbia di rancore e disprezzo? Io credo che ci siano alternative. Perdonarci. Lasciar andare. Imparare per essere in grado, oggi e domani, di fare qualcosa di nuovo. Possiamo fare molto per noi stessi e per il mondo, se solo ci diamo la libertà di farlo. Ieri è una pagina scritta: oggi e domani sono storie che possiamo ancora scrivere. Un grosso errore in una pagina passata, chissà, creerà tutta una nuova fiaba in un capitolo futuro. Amiamoci, Gianni: amiamo la gente, e mettiamoci in condizione di diventare persone piene per aiutarci al meglio. Abbracciamoci tutti: con i nostri pregi e, soprattutto, con i nostri difetti ed errori.»

Nel cielo primaverile di Aprile, una colomba vola alta nel cielo: simbolo di pace, d’amore, di speranza.

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