«Gianni, abbiamo parlato dell’essere umano come di un qualcosa di meraviglioso. Abbiamo parlato della nostra capacità di amare, di comprenderci e di sostenerci a vicenda. A partire dagli scorsi giorni, abbiamo iniziato ad affrontare alcuni atteggiamenti che rischiano di diventare poco efficaci nel nostro cammino: giudicare gli altri, giudicare noi stessi. Oggi parleremo di un’altra grande forza che tende ad ingabbiarci: la paura.»
Il vecchio barista sta spazzando il pavimento, mentre Umberto è adagiato su una vecchia sdraio degli anni ’80; Gianni la tiene come ricordo delle vacanze giovanili sul lungomare romagnolo.
«Docente dei miei stivali, sto spazzando il pavimento ma sono tutt’orecchi.»
«Sai, la paura è un qualcosa che conosco molto bene. Quando ero giovane scappavo molto da ella, lasciavo che mi rincorresse e che nel farlo crescesse e trovasse energie nuove.»
Gianni ride, e risponde: «Di solito la gente si stanca quando corre, e dopo un po’ si ferma! Non funziona questo per la paura?»
Umberto ride a sua volta. «No, non funziona così. Tanto più fuggiamo da quello che ci fa paura, tanto più gli diamo potere. I muscoli della paura si rafforzano nel rincorrerci. Quando iniziamo a correre e a scappare dalla paura, ella è gracile. Nel processo di fuga si rafforza e, quando la guardiamo, neanche la riconosciamo per le proporzioni che ha assunto.»
«Cosa pensi che sia bene fare, dunque? Fermarci e lasciare che ci prenda?»
Umberto ride ancor di più e risponde: «Gianni, qui c’è un paradosso. Quando ci fermiamo e guardiamo la paura in faccia, ella smette di rincorrerci e siede vicino a noi. A volte ci tocca e sentiamo una grande ansia. A volte ci stuzzica, per farci scappare nuovamente. Eppur, finché non corre, si indebolisce: i suoi muscoli non sono più nutriti dalla fuga. Ecco dunque un buon atteggiamento che possiamo avere con le nostre paure: sederci con esse, parlarci. È coltivando il coraggio di guardarle in faccia, che possiamo scoprire cosa le nostre paure vogliono comunicarci; possiamo così accoglierle dentro di noi.»
«Quello che dici è difficile. Personalmente, sento timore nel sedere vicino alle mie paure. Temo che siano loro che possano prendere il controllo.»
«Non hanno già il controllo mentre fuggi da esse? Se la tua rotta è determinata dal fuggire dalle tue paure, non sei libero; sei una marionetta il cui tragitto è pilotato da ciò che temi. Gianni, ti dico questo con profondo spirito di comprensione. Per anni sono fuggito dalle mie paure, ed elle erano diventate atlete formidabili. Sapevano rincorrermi ovunque, anche ove speravo non mi raggiungessero. So quanto è difficile accoglierle: eppure, con consapevolezza e spirito di apertura, è un qualcosa che possiamo fare. Sai, in realtà la paura è una nostra alleata.»
«Nostra alleata?»
«Sì, proprio così! Ci mette in allerta in tutte quelle situazioni in cui la nostra vita è a rischio. Se cammini nella giungla e vedi un pericolo, meno male che interviene la paura a pompare adrenalina nei tuoi muscoli o a farti irrigidire e non muoverti più. Eppure, Gianni, io non sto parlando delle situazioni in cui la nostra vita è minacciata. Sto parlando delle paure di tutti i giorni, nutrite dalla nostra mente e dalla società di cui facciamo parte. Sto parlando dei piccoli timori che hanno assunto grandi proporzioni nella nostra percezione. Se vogliamo vedere la realtà per quello che è, ritengo sia bene imparare a sedere con ciò che temiamo, affrontandolo e scoprendo che può essere un buon amico.»
Gianni pensa alle sue paure: a quelle che non ha mai affrontato, a quelle che pensa di aver rinchiuso in un cassetto. Forse, invece che correre, è tempo di iniziare a sedere con elle.
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